L'UE convoca Apple e Google sugli acquisti in-app

La Commissione europea chiama Apple e Google a discutere sulle app fremium poiché ingannano i consumatori con gli acquisti in-app, soprattutto i bambini.
La Commissione europea chiama Apple e Google a discutere sulle app fremium poiché ingannano i consumatori con gli acquisti in-app, soprattutto i bambini.

La Commissione europea è intenzionata ad affrontare una delle problematiche maggiori che riguardano l’ambiente mobile odierno, ovvero quella relativa alle preoccupazioni derivati dagli acquisti in-app. Per tale motivo ha anche convocato i massimi esponenti dell’industria Apple e Google, con l’obiettivo di sensibilizzare le compagnie su tale tematica così da proteggere maggiormente i consumatori.

Dopo le iniziali preoccupazioni sollevate da gruppi di consumatori danesi, britannici, italiani e belgi, l’Unione Europea ha deciso di affrontare direttamente la questione. Il problema risiede nel fatto che i giochi free-to-play sono spesso etichettati come «da scaricare gratuitamente», ma in realtà offrono solo funzionalità base spingendo l’utente a facili microtransazioni a pagamento. Già numerosi genitori hanno visto un grosso addebito sulla carta di credito utilizzata su App Store, causato dagli acquisti in-app fatti dai propri figli.

Come sottolineato da Neven Mimica, il Commissario per la politica dei consumatori, «i consumatori, e soprattutto i bambini, vanno meglio tutelati contro costi inattesi che si celano negli acquisti in-app. Le autorità nazionali e la Commissione europea stanno discutendo con l’industria il modo migliore per affrontare questo problema che non solo danneggia finanziariamente i consumatori ma che mette anche in gioco la credibilità di questo promettente mercato. Se si trovassero soluzioni concrete in tempi brevi, sarebbe un guadagno per tutti». Ed è proprio questo l’obiettivo che la Commissione si propone di raggiungere coinvolgendo direttamente i due colossi del segmento mobile odierno, ovvero Google e Apple.

I giochi pubblicizzati come gratuiti e basati sul modello freemium «non devono ingannare i consumatori sui costi reali in essi celati» e soprattutto «non devono rivolgere ai bambini estorsioni dirette tese a far loro acquistare elementi contenuti di un gioco né persuadere un adulto ad acquistarli per essi». Inoltre, secondo la Commissione europea, gli operatori hanno l’obbligo di informare in maniera chiara sulle modalità di pagamento dei contenuti in-app, poiché «gli acquisti non vanno addebitati con impostazioni predefinite senza un consenso esplicito dei consumatori». Infine, gli operatori devono indicare un indirizzo di posta elettronica che permetta ai clienti di contattarli in caso di bisogno. Saranno questi i più importanti punti che la Commissione europea affronterà durante l’apposita riunione in programma, volti dunque a tutelare maggiormente i consumatori.

L’industria europea delle app è cresciuta in maniera esplosiva negli ultimi anni, conseguentemente alla massiccia diffusione di smartphone e tablet, e Apple e Google ne rappresentano i massimi esponenti; la casa di Cupertino ha però già avuto diversi problemi legali in tal senso, ed è arrivata a fornire su consiglio della FTC un rimborso a diversi genitori statunitensi. Ed è per tale motivo che quello degli acquisti in-app è un problema da superare poiché, secondo l’Unione europea, andrà a penalizzare direttamente l’industria stessa. Come infatti ha sottolineato la vicepresidente Viviane Reding, Commissaria UE per la giustizia, «l’industria europea delle app ha un enorme potenziale per generare crescita e occupazione e per migliorare la nostra vita quotidiana grazie a tecnologie innovative. Affinché il settore possa liberare le sue potenzialità, i consumatori devono aver fiducia nei nuovi prodotti. Ingannare i consumatori è certo una strategia commerciale completamente sbagliata e contraria, tra l’altro, allo spirito delle norme UE sulla tutela dei consumatori. La Commissione europea si attende dall’industria delle app risposte molto concrete alle preoccupazioni espresse dai cittadini e dalle organizzazioni nazionali dei consumatori.».

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