Stati Generali di Italia Startup: tempo di fase 2

All'assemblea di Italia Startup emerge chiaramente l'obiettivo dell'ecosistema: far dialogare imprese vecchie e nuove. E un bisogno: deframmentare.
All'assemblea di Italia Startup emerge chiaramente l'obiettivo dell'ecosistema: far dialogare imprese vecchie e nuove. E un bisogno: deframmentare.

A che punto è arrivato l’ecosistema startup? E che traguardi si deve porre? Con quali strumenti? Gli Stati Generali di Italia Startup, l’associazione istituzionale delle startup in Italia, tenutisi oggi in Regione Lombardia, hanno messo a fuoco la condizione attuale e ribadito l’impegno di tutti i soggetti che ne fanno parte a prodursi in nuovi sforzi per farsi trovare pronti al prossimo Expò: quando davvero l’Italia dovrà presentarsi come sistema credibile. La strada da percorrere sembra avere un solo nome, anzi un acronimo: PMI.

Moderati dal giornalista Luca De Biase, i diversi speaker ospiti all’auditorium Testori (stracolmo per l’occasione) si sono succeduti o hanno colloquiato tra di loro per ragionare sull’ecosistema. Particolarmente interessante e divertente l'”ensemble veneto” composto dallo stesso De Biase, Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup, Alberto Baban, presidente di Piccola Industria Confindustria e Pierantonio Macola, l’uomo che ha portato le startup in SMAU e neo consigliere di Italia Startup. Prima di loro, i saluti di Roberto Albonetto, direttore generale dell’assessorato alle attività produttive di Regione Lombardia, e Francesco Lazzarotto di Warrant Group, che ha parlato dei fondi nazionali ed europei per le startup da qui al 2020.

Purtroppo assente la ministra Federica Guidi (era previsto il suo intervento a chiusura dei lavori), che ha salutato con un messaggio letto da De Biase, anticipando in qualche modo quanto la titolare del MISE dirà nella sua relazione in Parlamento prevista tra pochi giorni. Un evento inedito per le startup, mai finora protagoniste di una relazione parlamentare.

I concetti espressi nella giornata

Le slide presentate da Donadon sono un’ottima sintesi degli obiettivi che l’ecosistema si vuole dare in questo 2014: Formazione, Innovazione, Consapevolezza e Capitalizzazione. Perché proprio questi?

In questi mesi abbiamo fatto molta strada, i giovani che oggi vogliono mettere in piedi un’impresa innovativa iniziano ad avere un percorso più semplice a livello normativo e burocratico. Ora lo sforzo deve essere comune. Anche con il mondo delle imprese consolidate, dobbiamo sostenere questi giovani imprenditori e rendere consapevole l’intero sistema economico dell’importanza dell’innovazione. C’è tanta energia nei giovani, la dobbiamo liberare, dobbiamo motivare i talenti a mettersi in gioco e capitalizzare l’ecosistema. Dobbiamo raccontare ai giovani e a chi ci vuole provare, le sfide che attendono le imprese per competere nei mercati e cercare anche con loro la soluzione. Non si tratta più di fare una legge o aggiustare una norma, ora si tratta di far crescere la consapevolezza sull’importanza di investire nei nostri stessi giovani e nelle loro idee innovative che possono far ripartire il Paese. Solo se ci muoviamo uniti ce la possiamo fare.

Rendere consapevoli i giovani, magari puntare già alle scuole a insegnare cultura imprenditoriale. Rendere consapevoli le imprese, che possono guardare alle startup come alla risorsa naturale di innovazione di cui il paese ha bisogno. Da questo punto di vista c’è la massima disponibilità delle 250 mila imprese tra i 15 e i 250 dipendenti, che rappresentano 20 milioni di persone che possono, almeno potenzialmente, contribuire ad alzare la quota di nuovi posti di lavoro derivanti dalle startup (4 milioni all’anno in Europa). Secondo Baban la cultura imprenditoriale è in ogni caso l’ultimo dei problemi:

In Italia è introiettato il senso dell’imprenditorialità, del rischio, del costruire qualcosa con inventiva e senso della bellezza, della cultura. Noi dobbiamo creare il mercato per queste imprese e il mercato è l’unione tra startup e aziende già esistenti, il nostro modello. Più che di incubare, ci dobbiamo preoccupare di impedire che un mercato asfittico come quello italiano soffochi le imprese. Per farlo è necessario trovare il nostro modello e il nostro mercato. La cultura imprenditoriale c’è già.

Da sinistra: Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup, e Stefano Firpo, segreteria tecnica del MISE. In Regione Lombardia  hanno discusso della fase 2 dell'ecosistema startup italiano.

Da sinistra: Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup, e Stefano Firpo, segreteria tecnica del MISE. In Regione Lombardia hanno discusso della fase due dell’ecosistema startup italiano.

Firpo e la deframmentazione

La prima parte della mattinata ha visto tutti d’accordo sul concetto pmi-startup, ribadito con energia anche da Macola, il quale ha sottolineato con notevole intuizione che spesso il pessimo rapporto tra aziende e innovazione è causato dai linguaggi troppo diversi tra accademia e impresa, mentre le startup possono avere un ruolo di appaltatore per le imprese nel mondo dell’innovazione e delle ricerca scientifica.

La seconda parte, affidata a Stefano Firpo, capo della segreteria tecnica del MISE, ha permesso di mettere in luce un’esigenza forse non avvertita dal mondo esterno dell’ecosistema: quella di pubblicizzare quanto è già a disposizione delle startup e cominciare a deframmentare gli interessi locali:

Ho ancora la sensazione che tanti non conoscano le decine di strumenti messi a loro disposizione: i fondi di garanzia, la defiscalizzazione che sui contratti di lavoro è pazzesca, così come gli startup visa che partiranno con un modello inedito per l’Italia, che prima d’ora ha sempre trattato i visti come un problema di ordine pubblico. Poco utilizzati anche strumenti come stock option e work for equity. Aggiungo che c’è ancora troppa frammentazione, i territori non approfittano delle risorse, non siamo ancora riusciti a scaricare a terra tutto il potenziale della policy startup. Deve essere chiaro: questa policy non è una cosa bella per pochi, è politica industriale a tutto tondo, vera. Certo, selezionata, ma perché vogliamo i migliori, così che loro arricchiscano il paese.

I prossimi passi

Gli Stati Generali hanno lasciato la platea con un’agenda piuttosto chiara: il Global Entrepreneurship Congress 2014 di Mosca (17-20 marzo) vedrà partecipare molti protagonisti dell’ecosistema e sarà un warm-up per l’edizione 2015 che si terrà a Milano, a pochi mesi dall’EXPO. In questo periodo bisognerà prodigarsi per far conoscere a tutti la legge sulle startup, incoraggiare il dialogo tra PMI e imprese innovative, promuovere in questo modo il made in Italy, fare un bel “defrag di sistema” per stabilire il vero obiettivo nazionale (stanti le giuste competizioni interne tra regioni, incubatori, integrazioni alle norme nazionali), che è far correre i giovani nei nuovi mercati iniettando la loro energia e far correre le imprese italiane riportando in auge la loro capacità innovativa.
Il commento più consono è quello di De Biase:

L’Italia è fatta così, abbiamo fatto il Risorgimento e poi non abbiamo fatto l’unificazione, siamo entrati in Europa e poi abbiamo smesso di crederci. Diamo il meglio di noi stessi quando giochiamo di squadra, ma lo facciamo solo nei momenti disperati, quando tutto è contro di noi. Quello che viviamo, oggi, è tuttavia più di un momento urgente: è un momento importante.

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