Digital Music Report: musica, mobile e streaming

Pubblicato il Digital Music Report 2014: piattaforme digitali e dispositivi mobile stanno spingendo la ripresa del settore, ma resta il problema pirateria.
Pubblicato il Digital Music Report 2014: piattaforme digitali e dispositivi mobile stanno spingendo la ripresa del settore, ma resta il problema pirateria.

Le evoluzioni dell’ambito musicale sono fotografate nel Digital Music Report 2014 diffuso oggi da IFPI e FIMI, documento in cui vengono analizzate le nuove tendenze legate a streaming e digitale, così come gli artisti che nel corso del 2013 hanno fatto registrare il maggior successo. Concentrandosi sulle nuove forme di mercato è impossibile non prendere in considerazione come la sempre più capillare diffusione dei dispositivi mobile abbia influito positivamente sul business di major, etichette e artisti.

L’avvento dello smartphone come strumento di ascolto della musica ha avuto effetti profondi sul music business. Il fatto che, secondo le proiezioni, oltre il 30% della popolazione mondiale possiederà uno smartphone nel 2016, significa che sul pianeta ci saranno oltre due miliardi di potenziali clienti per i servizi musicali.

Con queste parole di Ole Obermann (Sony Music Entertainment) si potrebbe sintetizzare il connubio tra musica e mobile. Le dinamiche che regolano il mercato di smartphone e tablet vanno ad influenzare in modo tangibile quelle legate al mercato musicale. Lo dimostra, ad esempio, la sempre più accesa competizione tra gli ecosistemi Android e iOS, ognuno dei quali offre una serie di servizi dedicati allo streaming e alla vendita dei brani. Questo favorisce l’ingresso nel settore di nuovi protagonisti, con una conseguente offerta più ampia per gli utenti.

Cambiano anche le modalità di fruizione: da un modello basato principalmente sul possesso degli album ad un sistema che ruota intorno al concetto di accesso. È il caso di servizi come Deezer, Spotify, Rdio ecc., che a fronte di una spesa fissa mensile consentono di ascoltare illimitatamente il catalogo di brani messi a disposizione. Gli introiti generati vengono poi ripartiti e distribuiti alle band e ai musicisti sulla base delle riproduzioni generate. In questo modo l’utente non è vincolato all’acquisto di un disco per poterlo ascoltare e, al tempo stesso, le tariffe accessibili permettono di combattere la piaga della pirateria. Nel corso del 2013 i ricavi dagli abbonamenti ai servizi di streaming sono cresciuti del 51,3% a livello mondiale, ma i download restano ancora la voce di maggior peso sul fatturato della musica digitale, con il 67% dei profitti totali.

Si inseriscono in queste dinamiche le tecnologie in grado di prendere per mano gli ascoltatori e guidarli in un vero e proprio processo di scoperta, proponendo nuovi artisti in base ai loro gusti personali. Complessi algoritmi che si traducono in consigli, proprio come nei decenni passati accadeva parlando con un esperto negoziante sempre pronto a suggerire il disco giusto.

Il 2013 ha rappresentato senza ombra di dubbio un anno di forte crescita per l’ambito dello streaming. Per citare tre fra le piattaforme più utilizzate, Spotify ha fatto il suo debutto in 38 nuovi mercati (Italia compresa), Deezer ha raggiunto i cinque milioni di iscritti a pagamento e Google Play Music ha portato la propria formula Unlimited in 21 nuovi paesi.

Un’altra importante fonte di profitti per chi opera nel mondo della musica è rappresentata dai video. Lo sanno bene gli artisti che propongono le proprie clip su YouTube, fonte non solo di visualizzazioni, ma anche di denaro: tra mashup e utilizzo dei brani nei filmati UGC (user generated content) i titolari dei diritti incassano dalla piattaforma di Google un volume di profitti in continua crescita.

Secondo quanto pubblicato nel report, il già citato problema della pirateria rappresenta ancora l’ostacolo più grande allo sviluppo dell’intero settore. Una questione affrontata da chi tutela il copyright chiamando in causa protagonisti come i motori di ricerca (Google, Yahoo! e Bing), spesso presi di mira con l’accusa di favorire l’indicizzazione di siti e piattaforme che mettono a disposizione materiale protetto da diritto d’autore in modo non autorizzato.

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