Schulz e i parlamenti EU puntano il dito sul TISA

Alla conferenza dei presidenti dei parlamenti europei Martin Schulz avanza una richiesta sul TTIP e il trattato TISA: necessaria più trasparenza.
Alla conferenza dei presidenti dei parlamenti europei Martin Schulz avanza una richiesta sul TTIP e il trattato TISA: necessaria più trasparenza.

La conferenza dei presidenti dei parlamenti europei tenuta a Montecitorio negli scorsi due giorni è stata occasione per parlare di uno dei fenomeni più vistosi e complessi della globalizzazione: dati, servizi, finanza, standard di ogni tipo, sono ormai decisi da trattati internazionali che spesso sono semplicemente ratificati da quelli nazionali. Questo ha allontanato i cittadini dall’Europa e ha comportato anche negoziazioni lunghe, lobbistiche e inutili, come accaduto col TFTP e con l’ACTA, trattati respinti dall’Unione Europea. Oggi il tema sono il TTIP e il TISA, quest’ultimo riguarda anche la Rete. Martin Schulz, ieri alla Camera, ha sottolineato come governance e parlamenti dovranno dialogare di più.

L’intervento di Martin Schulz (video) ha incorniciato la seconda giornata di dibattito, aperto il giorno prima dall’economista americano Jeremy Rifkin. Si è discusso della necessità di individuare risposte innovative alla crisi, per una crescita economica sostenibile e duratura; si sono cercate garanzie all’effettivo rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persone (argomento sul quale ci sono state scintille con il rappresentante dell’Ungheria), e con Schulz si è appunto parlato dell’esigenza della massima trasparenza nei negoziati sui trattati commerciali internazionali.


Nel suo discorso, il presidente del parlamento di Strasburgo ha mostrato di aver appreso molto bene la lezione dell’ACTA:

I parlamenti devono riflettere sugli sviluppi internazionali dei trattati, che hanno un impatto sulla politica nazionale. Il ruolo dei parlamenti è dunque nei negoziati e non solo nella ratifica in questo tipo di trattati così vincolanti, nei settori in cui l’Unione ha competenza. Ci sono poi i trattati misti, ad esempio, che ci hanno mostrato l’emergere di un dibattito pubblico: è il caso dell’ACTA, per il quale c’è stata una mobilitazione senza precedenti. Quindi, per i trattati commerciali dell’Unione è ormai prassi che la Commissione di Bruxelles condivida le informazioni con la commissione parlamentare sugli scambi internazionali. Anche per trattati complessi come il TTIP ci sono determinate informazioni che sono accessibili a tutti i parlamentari, ed elogio la trasparenza che ha permesso di sbloccare le bozze del TISA per renderle pubbliche.

Parlamenti e trattati

Attualmente ci sono tre negoziati molto importanti in corso: TISA, CETA e TTIP. Trattano argomenti così sostanziali e delicati che dopo molte proteste si è riusciti finalmente a rendere pubblici per la prima volta i mandati negoziali. Una volta aperti, in effetti, si è notato come questi hanno una portata amplissima, vertendo su molteplici aspetti molto sensibili non soltanto dal punto di vista economico, per le ricadute che possono comportare sugli assetti produttivi e sulle prospettive di crescita delle economie europee, ma anche per quanto concerne la salvaguardia dei diritti fondamentali.

L’accordo TISA sugli scambi di servizi riguarda anche Internet e coinvolge 23 membri dell’OMC, tutta Europa compresa, ha già sollevato molte inquietudini che Strasburgo sta cercando di controbilanciare sfruttando tutti gli strumenti messi a disposizione del trattato di Lisbona, ad esempio con specifiche raccomandazioni in pieno negoziato. Inoltre, 19 commissioni parlamentari europee hanno sottoscritto la richiesta proveniente dai Paesi bassi di considerarli come trattati “misti”, definizione che comporta la ratifica da parte di ogni singolo parlamento nazionale.

Tra opinioni e governance

L’argomento è terribilmente interessante, soprattutto se si pensa che la Camera dei deputati, sede di questi incontri, si è fatta interprete di un Bill of Rights, la “costituzione” per Internet che al Festival del giornalismo si è guadagnata un panel. C’è da lavorare alle osservazioni ricevute e poi stendere la versione definitiva di questo documento, ma come possono convivere un draft consultivo di questo tipo con l’acclarata superiorità dei trattati internazionali dove davvero si prendono decisioni importanti? Webnews ha approfittato della presenza della presidente Boldrini, di Luca De Biase, di Stefano Quintarelli (tutti protagonisti della commissione presieduta da Rodotà) e del moderatore Massimo Mantellini per porre questa domanda.

La risposta (nel video qui sotto) è che il Bill of Rights vuole creare opinione dal basso per alimentare governance in alto. Senza risposta rimane un’altra domanda implicita: se la terza carica dello Stato e una commissione di deputati ed esperti si definiscono “basso”, allora, in alto, chi c’è? Forse il problema è tutto qui: l’assenza o l’opacità degli esecutivi – sicuramente anche quello italiano – a proposito dei grandi ambiti internazionali, dei trattati determinanti. Dove spesso vengono indirizzati sottosegretari, esperti nominati dal governo, a bassissimo livello di interazione col parlamento e con la società civile. La quale dovrà accontentarsi delle mozioni in aula sui punti di un Bill of Rights già meno noto di quanto era preventivato.

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