60 Minutes: Tim Cook difende la privacy

In occasione di un intervento per 60 Minutes, Tim Cook ha ribadito la necessità di proteggere la privacy degli utenti, con una crittografia rigorosa.
In occasione di un intervento per 60 Minutes, Tim Cook ha ribadito la necessità di proteggere la privacy degli utenti, con una crittografia rigorosa.

Tim Cook a tutto campo sul fronte della difesa della privacy, in occasione della sua recente apparizione alla trasmissione televisiva “60 Minutes”, un programma che ha permesso agli spettatori anche di cogliere uno scorcio della sede di Cupertino nonché alcuni dei segreti del team di design di Jonathan Ive. Un tema da mesi tornato d’attualità e, seppur indirettamente, rinforzato lo scorso venerdì dal CEO di BlackBerry: secondo John Chen, i colossi tecnologici mondiali sbaglierebbero a garantire un eccesso indiscriminato di privacy a tutti, poiché in questo modo lo si fornirebbe anche ai malintenzionati.

In occasione dell’intervento con Charlie Rose, Cook è voluto tornare sulla questione, nonché sulle politiche di crittografia scelte da Apple per i propri utenti. Con le ultime due versioni di iOS, infatti, pare sia virtualmente impossibile risalire alle conversazioni personali degli utenti, anche in presenza di una richiesta delle autorità. Un fatto che nei mesi ha generato qualche critica da parte della polizia a stelle e strisce, ma di cui il CEO ha ribadito la necessità:

Se vi è un modo per accedervi, allora qualcuno troverà un modo per farlo. Ci sono state persone che hanno suggerito la presenza di una backdoor. Ma la realtà è che, se inserissimo una backdoor, questa sarebbe per tutti: per i buoni e per i cattivi. […] Non credo che il trade-off sia tra la privacy e la sicurezza nazionale. Credo sia una visione troppo semplicistica. Siamo l’America. Dovremmo avere entrambe.

A seguito dei recenti attentati a Parigi e alla sparatoria a San Bernardino, in molti si sono chiesti se la privacy garantita dai grandi gruppi tecnologici non limitasse le indagini. Una questione sollevata anche da James Comey, il direttore dell’FBI, il quale teme che l’utilizzo di queste piattaforme, a cui le autorità non hanno accesso, possa facilitare le azioni di potenziali criminali. Cook, tuttavia, ha spiegato come i dispositivi moderni contengano informazioni davvero sensibili sugli utenti, quali i dati della salute, le conversazioni più intime con il partner, i dettagli finanziari e molto altro ancora. Per questo motivo, l’unico modo per proteggere questi dati è il ricorso a una crittografia rigorosa e indecifrabile, a cui si possa avere accesso solo con una precisa chiave di lettura, chiave che Cupertino non conserva. D’altronde, come molti analisti hanno sostenuto nel corso degli ultimi mesi, non si può di certo richiedere ai colossi tecnologici di trasformarsi in soluzioni di monitoraggio né in poliziotti virtuali, di conseguenza la scelta conservativa di Apple è rivolta affinché si possano minimizzare i danni potenziali per l’utente.

Durante l’intervista, Cook ha toccato anche altri temi, come le questioni relative alla tassazione sia negli USA che all’estero. Allo stesso modo, ha parlato del ricorso alla manodopera cinese, specificando come per certi compiti serva guardare all’Asia, poiché in patria mancherebbero le competenze necessarie. Infine, come già anticipato, vi è stato lo spazio per visitare la sede di Cupertino, così come per parlare dei progressi del team di design diretto da Jony Ive, in particolare in relazione al recente successo estetico di Apple Watch.

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