Lenti a contatto smart per misurare il diabete

Un team coreano ha progettato lenti a contatto smart flessibili e confortevoli in grado di misurare il livello di glucosio nel sangue attraverso le lacrime.
Un team coreano ha progettato lenti a contatto smart flessibili e confortevoli in grado di misurare il livello di glucosio nel sangue attraverso le lacrime.

Un team di scienziati coreani ha progettato lenti a contatto smart in grado di monitorare il livello di glucosio nel sangue. Rispetto ad altre soluzioni, come quella di Google, sono stati utilizzati materiali che rendono le lenti più flessibili, senza causare distorsioni della visione o fastidi agli occhi.

Le persone con diabete di tipo 1 devono controllare giornalmente il livello di glucosio, utilizzando una goccia di sangue prelevata tramite un dispositivo pungidito. Anche se meno precise, in quanto rilevano il glucosio dalle lacrime, le lenti a contatto smart sono sicuramente un’alternativa non invasiva che permettono anche di misurare i valori in maniera continua. Le lenti usate finora hanno componenti elettronici applicati su un substrato rigido. Ciò comporta un’eccessiva fragilità e la visione viene distorta.

Nel prototipo di UNIST (Ulsan National Institute of Science and Technology) i componenti elettronici (antenne, LED, sensori) sono isolati e interconnessi tramite conduttori allungabili. Un materiale elastico protegge i componenti, evitando la loro rottura quando l’utente piega la lente. Gli scienziati hanno ottenuto un indice di rifrazione ottimale che garantisce la massima trasparenza delle lenti. Quando il livello di glucosio è nella norma, la luce LED è accesa, mentre quando supera una determinata soglia si spegne. In futuro potrebbe essere sviluppata un’app che registra le varie misurazioni.

I primi test effettuati su un coniglio non hanno evidenziato irritazioni per gli occhi. Al momento l’unico difetto è dovuto al tipo di antenna utilizzata. Essendo allungabile e invisibile all’utente ha una bassa conduttività e opera a bassa frequenza. È quindi necessaria un’alimentazione esterna che deve essere distante al massimo 9 millimetri dalle lenti a contatto. Gli scienziati sperano che la commercializzazione possa avvenire entro 5 anni.

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