UE, la legge sul copyright respinta da 11 paesi

L'UE ha revocato il voto finale sulla controversa direttiva del diritto d'autore dopo che 11 paesi, tra cui l'Italia, hanno respinto l'ultima proposta.
L'UE ha revocato il voto finale sulla controversa direttiva del diritto d'autore dopo che 11 paesi, tra cui l'Italia, hanno respinto l'ultima proposta.

La nuova normativa europea sul copyright, meglio conosciuta come “Copyright Directive”, ha un futuro sempre più incerto dopo che l’Unione Europea ha dovuto sospendere i negoziati e il voto atteso per oggi, 21 gennaio 2019. Il motivo? Ben 11 paesi, tra cui l’Italia, hanno respinto la proposta finale presentata dalla commissione.

Assieme ai nostri rappresentati si sono mostrati contrari alla modifica anche Germania, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia, Slovenia, Polonia, Svezia, Croazia, Lussemburgo e Portogallo; tutti oppositori del testo di compromesso proposto dalla Romania all’inizio della settimana. Visto il numero totale dei membri, 27 dopo la Brexit britannica, il parziale che si è messo di traverso non è per nulla banale. La disputa è sempre nel merito dell’Articolo 11, quello inerente la “link tax”. Il riferimento è alla possibile creazione di una tassa  in base alla quale i motori di ricerca dovrebbero pagare siti per includere frammenti dei loro contenuti nei risultati. Google ci ha dato un assaggio di ciò che è la reazione a una tale mossa sarebbe la scorsa settimana, quando è entrata in modalità “oscura”.

Certo è che non tutto gira intorno al capitolo 11. Anche l’Articolo 13 hai suoi paradossi, come quello che va contro l’utilizzo dei meme. In tal caso, il regolamento richiederebbe alle società di essere sempre vigili per violazioni del copyright circa la pubblicazione di meme, che riprendono contenuti digitali la cui proprietà è detenuta da altri. C’è da dire che anche se quest’ultima battuta d’arresto non elimina la direttiva sui diritti d’autore dell’UE, sicuramente ne rallentata il passaggio nella forma applicativa finale.

Il voto iniziale, previsto per marzo, probabilmente slitterà, anche dopo le elezioni europee di maggio. Ed è lecito pensare che una nuova composizione di parlamentari europei potrebbe rimettere tutto in discussione, con buona pace di Google e Co.

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