Perché la Russia ha bloccato ProtonMail

Secondo la compagnia, il governo ha messo in piedi una strategia particolare per bloccare ProtonMail, vietando le comunicazioni ai server dei provider.
Secondo la compagnia, il governo ha messo in piedi una strategia particolare per bloccare ProtonMail, vietando le comunicazioni ai server dei provider.

La Russia ha ordinato ai provider del paese di bloccare la comunicazione con il servizio di posta crittografato ProtonMail. Lo ha spiegato l’amministratore delegato della compagnia, Andy Yen, che ha confermato come il governo abbia applicato un blocco particolare per boicottare la piattaforma.

Secondo Yen:

Stanno bloccando l’accesso non all’app ma ai server di posta ProtonMail. Quindi aziende come Mail.ru, e la maggior parte degli altri server di posta russi, non possono più inviare messaggi anche se un loro cliente continua a spedire e ricevere posta dalle loro caselle semplici.

I server ProtonMail bloccati lavorano lato back-end, il che spiegherebbe il modus operandi evidenziato da Yen. Cosa ha spinto le autorità russe a imporre un simile ban? La vicenda sembra la conseguenza di quanto ordinato dal Servizio di sicurezza federale della Russia (FSB) che aveva accusato ProtonMail e altri provider di posta di facilitare le comunicazioni tra gli oppositori governativi. Tra le varie operazioni identificate dalla polizia, anche il coordinamento via ProtonMail dell’invio di alcuni pacchi bomba, destinati alle autorità.

Se appurato, si tratterebbe di un uso inquietante dell’email crittografata anche se TechCrunch ha notato che i blocchi arrivano ​​nello stesso momento in cui crescono le proteste dei cittadini nei confronti dei vari bavagli che Mosca vorrebbe imporre all’internet nazionale. In questo caso, i blocchi sarebbero una mossa per fermare i manifestanti e spingerli a sfruttare altri servizi meno protetti e dunque più facili da controllare e spiare. Ad ogni modo, la situazione nel paese non è semplice, visto che l’organo del Cremlino preposto all’organizzazione del web e relative leggi sta già spingendo i big della rete a sottostare alle proprie richieste di accesso dati e monitoraggio, il che riduce già al minimo un quadro dove la libertà di espressione è già compromessa.

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