Lo studio Agcom sulle app di messaggistica

L'authority pubblica una indagine sulle app che hanno cambiato il mercato: tra le ipotesi, quella di una maggiore equiparazione coi servizi tradizionali.
L'authority pubblica una indagine sulle app che hanno cambiato il mercato: tra le ipotesi, quella di una maggiore equiparazione coi servizi tradizionali.

L’Agcom ha concluso la sua indagine sui servizi di comunicazione elettronica ragionando sulle app di messaggistica: uno straordinario successo quello di questi servizi istantanei di contenuti vocali, messaggi, foto e video fra due o più utenti, generalmente mobile, come WhatsApp, Indoona, Messenger, analizzato dal consigliere Antonio Preto nel contesto giuridico e tecnologico. Il motivo di questa attenzione è che hanno stravolto il mercato mandando in soffitta telefonate ed sms.

Il relatore dell’indagine conoscitiva (pdf) parte da un premessa: Whatsapp, Viber, Telegram e compagnia viaggiano su una doppia rete che è stata costruita dagli investimenti delle telco e dello Stato, cioè l’infrastruttura Internet e le reti telefoniche; nel caso della seconda, fino a poco tempo fa potevano contare sul ritorno economico dell’assegnazione dei numeri venduti dallo Stato. Le app sociali hanno cambiato le regole e vantano una grande diffusione e un alto apprezzamento da parte degli utenti.

Prima della pubblicazione integrale, erano uscite delle indiscrezioni giornalistiche che annunciavano come l’Agcom fosse pronta a proporre una soluzione “sudamericana” – dove le telco hanno forti agganci politici (Messico e Brasile, ad esempio)- cioè che sponsorizzasse l’idea del pagamento di un pedaggio di queste aziende alle telco che forniscono rete e numero di telefono di appoggio. In realtà, in un comunicato allegato al report Agcom smentisce completamente.

Corrisponde al vero che l’indagine rivela l’opportunità di considerare in ambito europeo una nuova formulazione, strumentale all’eventuale adozione di un level playing field (cioè parità di condizioni di mercato) fra i diversi attori in campo, quindi anche gli OTT, e descrivendo le principali misure potenzialmente applicabili cita anche la possibilità di fare in modo che queste app riconoscano una compensazione alle telco, ma non è da ascrivere all’autorità, rappresentando il testo solo «un utile strumento di approfondimento e quindi una riflessione aperta su un tema attualmente al centro del dibattito europeo».

Le app più diffuse considerate dall'indagine Agcom, con relative caratteristiche.

Le app più diffuse considerate dall’indagine Agcom, con relative caratteristiche.

Cosa dice l’indagine

Pur essendo stata un po’ frettolosa e radicale l’anticipazione della stampa mainstream, c’è qualcosa di vero nelle linee principali. Effettivamente lo studio dell’autorità garante italiana soffermandosi sulla vigente definizione di Electronic Communications Services si interroga sull’opportunità di far ricadere nella regolamentazione continentale sia i fornitori tradizionali che i nuovi grandi padroni delle comunicazioni, cioè appunto coloro che con le app di messaggistica sfruttano le reti e contano su una remuneratività piena, concentrata su un vantaggio tecnologico.

Si farebbe un torto però alle 110 pagine dell’indagine se si riducesse solo a questo. Si tratta di una interessante ricostruzione della catena del valore multi-side degli app store, incrociata con le offerte di ogni tipo di queste app (chat, il VoIp, la crittografia) e loro diffusione demografica. Niente funzionerebbe senza i costi bassissimi di produzione di queste app e della loro gestione, che comunque non si limita a rubare la scena ai servizi di telecomunicazione, visto che esse stesse spingono tramite i device in mobilità una maggiore domanda di servizi di connessione dati, a vantaggio degli Internet Service Provider e degli stessi operatori di rete. Ciò significa più investimenti per reti più avanzate, che fa da stimolo all’intera filiera del settore.

I soggetti coinvolti nella catena del valore delle social app e le relative interdipendenze.

I soggetti coinvolti nella catena del valore delle social app e le relative interdipendenze.

Dunque, telco e app di messaggistica sono opposte o complementari? La risposta non è semplice, ma c’è una buona notizia: anche in Italia ha senso chiederselo visto che secondo l’Agcom ci sono tutte le condizioni per la massima esplosione di questi servizi anche in futuro, dalla copertura dell’LTE e il tasso di take-up della banda larga mobile fino alla nota penetrazione degli smartphone sul mercato, elevatissima (91%) rispetto alla media europea (75%).

Insomma, oltre i tecnicismi dello studio, c’è un’idea, quella di promuovere il concetto di “norme comparabili per servizi digitali comparabili” compresa la possibilità (ma sarebbe una scelta europea, collettiva) di remunerazione delle risorse di rete di cui sono titolari gli operatori tradizionali di comunicazione. Questa la considerazione n. 252 del documento:

La remunerazione consentirebbe di tener conto della circostanza, evidenziata anche da alcuni soggetti nel corso dell’Indagine, che in molti casi le app di messaggistica istantanea si avvalgono in via automatica delle numerazioni dei propri utenti e di quelle registrate nelle rubriche, al fine di utilizzarle quali identificativi dei contatti destinatari del messaggio.

Questo passaggio, insieme a tanti altri, è pero solo una delle tante ipotesi di un necessario assestamento giuridico che richiederà altro tempo allo scopo di evitare il classico “effetto Europa”, per cui seguendo lo scopo dell’equilibrio competitivo tra industria precedente e disruptive odierna si finisce per determinare ostacoli allo sviluppo del mercato e ritardo tecnologico rispetto a Usa e continente asiatico.

La relazione Agcom sulle app in punti

  • APP come ECS : L’Agcom considera necessario rivedere il concetto di servizi di comunicazione elettronica nel contesto mutevole del mercato;
  • Percezione e uso dell’utente: Si potrebbe immaginare di considerare ciò che effetticamente fa l’utente e come considera un servizio per definirlo e inserirlo nello stesso paniere di servizi più vecchi;
  • Numeri di emergenza e trasparenza dei servizi: Se passasse il concetto, allora anche per Whatsapp e Messenger e altre applicazioni ci sarebbe l’obbligo di fornire i numeri gratuiti di emergenza e delle condizioni di servizio allo stesso livello di quelle delle compagnie telefoniche;
  • Sostituibilità: Forse il concetto più radicale. Le app che forniscono servizi uguali dovrebbero poter essere interoperabili, appoggiandosi sullo stesso numero, esattamente come accade con le chiamate vocali. Ovviamente le aziende trasaliscono: il loro business model è basato sul cortile recintato e la profilazione degli utenti venduta a terzi.

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