Amazon tra le nuvole ma con i piedi per terra

Amazon, oltre a vendere libri, da qualche tempo ha intrapreso strade piuttosto innovative che vengono richiamate sotto il nome di “cloud computing“. In generale, e in estrema sintesi, si tratta di tutto un insieme di applicativi ai quali ho già accennato in altri interventi che consentono l’utilizzo di software e servizi direttamente online.

Il termine cloud computing, coniato dal CEO di Google Eric Schmidt, fa riferimento proprio al fatto che tutti i dati rilevanti per gli utenti e per i programmatori non vengono più memorizzati sul PC ma in qualche punto sparso per la rete come se fossero delle nuvole che però possono essere all’occorrenza richiamate con qualunque dispositivo capace di connettersi a Internet.

Tutti i più importanti player si stanno muovendo in questa direzione. Microsoft sul versante utenti con software per il PC e per il cellulare, Google con tutta una serie di applicativi che spaziano dalla programmazione alle utilità, Sun e IBM con servizi rivolti principalmente alle aziende.

In questo contesto anche Amazon offre molte possibilità di cui una parte rivolte agli sviluppatori che vanno dallo storage dei dati (S3), a soluzioni per il commercio e i pagamenti elettronici (FPS e SQS) fino a giungere a pacchetti di hosting con EC2.

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Quest’ultimo in particolare è un servizio che consente di utilizzare i datacenter di Amazon e, sfruttando un’infrastruttura informatica da due miliardi di dollari, creare dei server virtuali a costi del tutto competitivi e con una struttura di pagamento “on demand”.

La notizia di questi giorni è che la società di Seattle ha annunciato di aver sviluppato un’applicazione per il servizio EC2 che consente allo sviluppatore di scegliere anche il luogo geografico in cui vuole che il proprio lavoro venga fisicamente salvato.

Tralasciando tutto il discorso (piuttosto rilevante) legato alle implicazioni fiscali che possono emergere da questa novità credo sia ragionevole intravedere in questa scelta il tentativo di dare al cliente la sensazione di avere più “controllo” e quindi in un certo senso più “sicurezza” sui propri dati.

Quindi chiudendo con una battuta che richiama il titolo del post: andare sulle nuvole è ormai inevitabile ma credo sia ragionevole aspettarsi un tentativo da parte di tutti i principali competitor del settore di offrire la sensazione, ma di mera sensazione si tratta, di avere i piedi per terra.

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