Android di nuovo nel mirino dell'Unione Europea

Possibile nuovo caso europeo per Google: a finire nel mirino dell'antitrust potrebbe essere questa volta, in modo specifico, il sistema operativo Android.
Possibile nuovo caso europeo per Google: a finire nel mirino dell'antitrust potrebbe essere questa volta, in modo specifico, il sistema operativo Android.

Sono comparse sulle pagine di Bloomberg alcune indiscrezioni (attribuite a fonti non rivelate, ma ritenute affidabili), in merito ad un nuovo possibile caso aperto dall’antitrust europea nei confronti di Google. A finire nel mirino, questa volta, sarebbe il sistema operativo Android. Utilizzare il condizionale al momento è d’obbligo, in quanto non sono giunte conferme ufficiali dalle parti in causa.

Stando a quanto trapelato, ad alcuni concorrenti (non meglio specificati) del gruppo di Mountain View sarebbe stato chiesto di rimuovere informazioni riservate e segreti industriali legati al proprio business dai documenti inviati all’authority, così da poterne preparare una versione non confidenziale da mostrare a Google in seguito ad una comunicazione formale. La vicenda potrebbe andare ad affiancarsi a quelle che, nel vecchio continente, vedono già sotto la lente dell’antitrust il servizio di bigG per la comparazione dei prodotti venduti online e le modalità di versamento delle imposte nei paesi (Italia compresa) dove il gruppo opera generando profitti.

Interpellati sull’argomento dalla redazione di Bloomberg, sia Al Verney (portavoce di Google a Bruxelles) che Ricardo Cardono (rappresentante della Commissione Europea), non hanno rilasciato commenti in merito ad un nuovo caso riguardante Android.

Il sistema operativo del robottino verde è già stato oggetto in passato di analisi da parte degli organi europei che vigilano sulla libera concorrenza nel mercato. Lo scorso anno sono stati presi in esame gli accordi siglati tra il gruppo californiano e i partner OEM che si occupano della produzione dei dispositivi, per capire nel dettaglio quali sono le modalità che portano a garantire la presenza delle applicazioni (Ricerca, Maps, YouTube, Gmail ecc.) e servizi Google preinstallati sugli smartphone e sui tablet commercializzati. L’obiettivo è capire se questo comporta una penalizzazione per gli sviluppatori indipendenti e per quelli di terze parti.

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