Apple e 67 aziende tech contro la Bathroom Law

Apple e altre 67 aziende chiedono l'eliminazione della Bathroom Law, la legge che impedisce alle persone transgender di usare servizi del genere d'approdo.
Apple e altre 67 aziende chiedono l'eliminazione della Bathroom Law, la legge che impedisce alle persone transgender di usare servizi del genere d'approdo.

Genera aspre polemiche ormai da diversi mesi e non solo nella Carolina del Nord, dove la legge è entrata in vigore lo scorso marzo, ma anche in tutto il mondo. Tanto che molti artisti internazionali, da Bruce Springsteen a Paul McCartney, hanno deciso di annullare i loro concerti presso lo stato americano in segno di protesta. Oggi la cosiddetta Bathroom Law, la normativa che impedisce alle persone transgender di accedere a bagni pubblici dedicati al loro genere d’approdo, trova una fitta contrapposizione anche dall’universo hi-tech. Apple e 67 altre aziende, infatti, hanno deciso di riunirsi per creare un fronte compatto, affinché la normativa venga al più presto eliminata poiché considerata discriminatoria.

La legge HB2, approvata lo scorso marzo nella Carolina del Nord e conosciuta come Bathroom Law, è stata pensata per obbligare le persone transgender a ricorrere a toilette e servizi pubblici adiacenti al genere alla nascita, anziché a quello d’approdo. Dall’entrata in vigore della normativa, si è sollevato un grande polverone ben oltre gli Stati Uniti, con l’opinione pubblica pronta a bollare l’iniziativa come discriminatoria nonché con molte star del mondo dello spettacolo decise ad annullare i loro impegni nello stato in segno di protesta. Una legge, e una conseguente protesta, che avrebbe avuto forte impatto anche a livello economico: sarebbero stati persi ben 1.700 posti di lavoro e bruciato mezzo miliardo di dollari in guadagni.

Lo scorso venerdì, così come spiega Re/Code, un gruppo di 67 aziende hi-tech ha deciso di unirsi a Human Rights Campaign, per chiedere al Dipartimento di Giustizia statunitense la cancellazione immediata della legge. Fra i colossi che hanno deciso di aderire, oltre alla già citata Apple, anche Cisco, eBay, IBM, Intel, Logitech, Microsoft, PayPal e molte altre.

Il gruppo spiega come la Bathroom Law sia “una spiacevole discriminazione”, capace di ostacolare le mire d’espansione delle aziende locali e nazionali, limitando la capacità di assumere e mantenere nel tempo eccellenze nel campo della tecnologia. Questo perché le persone affette dalla legge starebbero scegliendo, in modo sempre più frequente, di trasferirsi in altri stati USA, dove le loro libertà non verrebbero così evidentemente limitate.

Non stupisce la presa di posizione di Apple, un’azienda da anni impegnata non solo per i diritti della comunità LGBT, ma per l’equità fra tutti i lavoratori. Dopo aver a lungo fatto campagna per l’approvazione del matrimonio egualitario negli States, anche scendendo direttamente in campo al Congresso USA, qualche mese fa l’azienda e Tim Cook si sono opposti a una normativa in Mississippi che avrebbe permesso di negare prodotti e servizi alle persone LGBT sulla base del proprio credo religioso. Qualche giorno fa, invece, il leader di Apple si è schierato a favore della comunità afroamericana, richiedendo giustizia per i giovani uccisi per mano della polizia.

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