Cos'è Expo 2015

L'esposizione universale torna a Milano dopo 109 anni e raduna per sei mesi 143 paesi per affrontare la sfida globale di nutrire il pianeta.
L'esposizione universale torna a Milano dopo 109 anni e raduna per sei mesi 143 paesi per affrontare la sfida globale di nutrire il pianeta.

L’esposizione universale del 2015 sarà il più grande evento mai pensato sull’alimentazione. Il bisogno primario (insieme al respirare) diventa così il tema portante di Expo 2015 che da maggio a ottobre concentrerà nell’area di Rho-Pero (un milione di mq) una cinquantina di stand e milioni di visitatori. Sarà tutta gente attratta dal titolo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” e dalla possibilità di scoprire cosa si sono inventati paesi diversissimi fra di loro per rispondere a una domanda tanto semplice quanto potente: cosa daremo da mangiare alla popolazione nel ventunesimo secolo?

Mentre scorre il conto alla rovescia di un evento che, inutile nasconderlo, non sarà del tutto pronto il giorno dell’inaugurazione, e quindi va considerato una specie di work in progress a ciclo continuo potenzialmente infinito (sarebbe piaciuto a Gaudì, piace meno agli organizzatori e al governo), cresce la curiosità degli italiani verso Expo 2015. Un po’ per le polemiche che hanno preceduto l’evento, un po’ per l’orgoglio di essere comunque sotto i riflettori internazionali, un po’ per mera curiosità nei confronti del grande calderone sulla cucina che va ad iniziare: Expo 2015 è l’ombelico dell’intero anno, biglietto da visita per una intera classe politica, malcelato orgoglio per un intero paese.

Messo da parte il polverone della vigilia, bisogna però ora badare al sodo: come si compone Expo 2015 e per quale ragione bisognerebbe visitarlo?

I cluster

La vera novità di Expo 2015 è che l’allestimento non è solo di tipo geografico. I vari Paesi non vengono rappresentati soltanto in padiglioni singoli, ma una parte del mondo, generalmente quello più povero, viene raggruppata idealmente e logisticamente secondo i cluster alimentari, cioè secondo identità di filiera. L’aspetto straordinario del progetto è che le nove aree individuate accolgono il visitatore ciascuna con un habitat ricostruito artificialmente: il cluster del riso sembra una risaia, mentre quello del cacao ricorda i tropici e via dicendo. Tutto è collegato da una grande area comune dove avranno sede il mercato e i locali di degustazione dei prodotti.

Expo 2015: i nove cluster:

  • Riso (Bangladesh, Cambogia, Sierra Leone, Myanmar, Repubblica Democratica Popolare del Laos). Il cereale per eccellenza, che fornisce un quinto delle calorie che nutrono metà del pianeta con le sue 450 milioni di tonnellate di produzione annua. Gran parte di questa produzione viene dalle terre irrigate dell’Asia, ma per soddisfare l’esigenza della popolazione mondiale – che cresce al doppio della velocità di offerta del bene alimentare – bisognerà riuscire a coltivarlo dove c’è molta meno acqua, come l’Africa;
  • Cacao (Camerun, Costa D’Avorio, Cuba, Gabon, Ghana, Sao Tomé): Il padiglione che si candida ad essere il più visitato, grazie alle migliaia di mq di banchi vendita dei prodotti derivati. Il cacao porta con sé storie secolari di conquiste coloniali e di scoperte culinarie e la ricchezza della biodiversità. Oltre ad essere un’economia di sostentamento per molti piccoli paesi. L’Italia vanta quattro distretti industriali legati al cioccolato: Cremona, Torino, Perugia e Modica;
  • Caffè (Burundi, El Salvador, Kenya, Ruanda, Uganda, Yemen, Etiopia, Guatemala, Repubblica Dominicana): Che dire di questa singolare piantina, che produce un chicco che dopo un lungo viaggio e diverse trasformazioni finisce nella tazzina di cui proprio gli italiani sono voraci consumatori? Il cluster di Expo – ideato con l’Università del caffè di IllY – riproduce una piantagione distesa all’ombra delle foreste tropicali in Africa o in America Centrale, accoglie il visitatore sorprendendolo con la degustazione dei caffè monocultura. Expo lascerà come eredità un’abitudine ora sconosciuta, la degustazione del caffè come si fa col vino. Imparando ad apprezzare le differenze di provenienza invece delle miscele, e aiutando così le produzioni nazionali a sorreggere meglio il loro export;
  • Frutta e legumi (Benin, Gambia, Guinea, Guinea Equatoriale, Kyrgyzstan, Repubblica Democratica del Congo, Uzbekistan, Zambia): Un altro padiglione interessante, ideato dall’Università San Raffaele. Da’altra parte nessun alimento è tanto importante, secondo medicina e scienza della nutrizione, quanto questo. Il cluster è come un enorme giardino di piante e orti di verdure, circondato da cassette della frutta di 11 metri. Basteranno per i quasi 500 grammi di frutta e legumi che mangiamo a testa? Trionfo della dieta mediterranea, si può allargare ai prodotti che vengono dall’altra parte del mondo, tenendo d’occhio la salute;
  • Spezie (Afghanistan, Brunei Darussalam, Repubblica Unita della Tanzania, Vanuatu): Il padiglione che sa di oriente, che sarebbe piaciuto a Marco Polo, primo esploratore dei percorsi che sarebbero diventati le vie delle spezie e della seta. Non a caso progettato dall’Università IUAV di Venezia, il cluster sarà un ponte verso colori e profumi tra i più ricchi e originali che da tremila anni stregano l’uomo occidentale e sopra ogni altro alimento – nel suo impagabile superfluo – ha influenzato il corso della storia, spesso pegno di guerre e conseguenti trattati di pace. Il Giardino dell’Eden ora ha una superficie precisa: 3.702 mq;
  • Cereali e tuberi (Bolivia, Congo, Haiti, Mozambico, Togo, Zimbabwe): Un altro cluster importante, che dà una opportunità di visibilità a paesi poveri ma che contribuiscono in modo importante alla biodiversità. Nessun altro alimento ha più varianti e secondo gli specialisti molte di queste colture potrebbero contribuire ad affrontare importanti sfide globali, incrementando in modo sostenibile la fertilità di terreni marginali non adatti alla coltivazione di mais, riso e grano. Come accaduto ad Haiti, che si è risollevato anche grazie all’agronomia sperimentale;
  • Bio-Mediterraneo (Albania, Algeria, Egitto, Grecia, Libano, Malta, Montenegro, San Marino, Serbia, Tunisia): Il cluster del mediterraneo all’insegna di Salute, Bellezza e Armonia. Progettato dall’Università degli Studi di Napoli Federico II, sarà il cluster dove forse molti di noi si sentiranno più a loro agio, a casa. Un ideale incontro di popoli e di culture, di lingue e di sapori, molto estesi geograficamente, ma che sono abbinati dalla storia: ieri come oggi, il mare di Sicilia guarda al Libano, alla Libia, la Tunisia e loro cucine si confondono. Il cluster del Mare nostrum che per una volta non parlerà di tragedie ma di radici comuni. Anche per questo è tra i più estesi di Expo, ben 7.304 mq;
  • Isole, mare e cibo (Barbados, Beliz, Capo Verde, Comore, Comunità caraibica, Dominica, Grenadam Guinea Bissau, Guyana, Madagascar, Maldive, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Suriname): Finalmente di va oltre la descrizione dei paesi da Luna di miele. Isole, attoli, luoghi ameni dall’ecosistema tremendamente delicato, non partecipano alla sfida di nutrire il pianeta, quanto piuttosto a quella del rispetto delle biodiversità marina, possibile soltanto dando un freno al riscaldamento globale e all’inquinamento degli oceani;
  • Zone aride (Eritrea, Gibuti, Mauritania, Mali, Palestina, Senegal, Somalia, Giordania): La sfida vera, quella più ardua. Nutrirsi quando non c’è quasi acqua. Secondo molti osservatori, l’Africa darà una lezione a questo Expo, sarà la vera guida per la battaglia sulle risorse. A cosa somiglia di più, infatti, l’obiettivo di nutrire 12 miliardi di persone nei prossimi anni se non alla capacità di strappare al deserto aree fertili, di coltivare dove sembra impossibile? Un monito contro gli sprechi dell’Occidente.

Expo 2015: le aree tematiche

Il sito di Milano è diviso inoltre in 4 aree tematiche, una sorta di ulteriore chiave di lettura con cui organizzare il proprio percorso si visita (vedi come acquistare i biglietti):

  • Padiglione zero: la storia dell’uomo nei secoli attraverso il suo rapporto con il cibo;
  • Future Food District: così la tecnologia cambierà conservazione ,distribuzione, acquisto, scelta e consumo del cibo in un percorso innovativo che mai come oggi torna ad affondare il proprio motivo d’essere nell’esigenza di nutrire meglio e di più l’intero pianeta;
  • Children Park, un modo divertente per conoscere il cibo attraverso esperienze sensoriali;
  • Parco della Biodiversità, poiché proprio la biodiversità è una delle principali ricchezze della qualità e della cultura culinaria italiane;
  • Presso la Triennale è disponibile inoltre Arts&Foods, una sorta di appendice esterna dell’Expo che focalizza i propri contenuti sul rapporto tra cibo e arte.

I padiglioni

I partecipanti di Expo sono i Paesi che hanno padiglioni loro, dall’Albania allo Zimbabwe o partecipano nei cluster. L’elenco prevede 143 paesi, ma una cinquantina di questi ultimi avrà alla fine un padiglione costruito in proprio, e solo una trentina saranno già pronti fin dal primo giorno. La visita di questi padiglioni è incentivata da un ingresso unico per tutti secondo le due vie Cardo e Decumano (la planimetria dell’Expo è ispirata al castrum romano), ma sono talmente grandi e ricchi di stimoli che, è stato calcolato, ci vorrebbero 16 giorni per visitarli adeguatamente tutti.

Il padiglione di cui si parlerà di più è ovviamente quello italiano, famoso per l’albero della vita e il concetto di vivaio realizzato con tecnologie molto innovative, a partire da un cemento dinamico in grado di assorbire l’inquinamento e trasformarlo chimicamente in sali inerti. Dal punto di vista volumetrico e delle funzionalità, è un padiglione unico nel suo genere.

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