Facebook pubblica le richieste governative 2016

Il social network ha ricevuto 64.279 richiese governative nel secondo semestre, una crescita che va di pari passo con gli ordini di non divulgazione.
Il social network ha ricevuto 64.279 richiese governative nel secondo semestre, una crescita che va di pari passo con gli ordini di non divulgazione.

Sempre più richieste del governo, sempre meno notificate agli utenti. Il rapporto di Facebook sulle domande di informazioni degli enti governativi in tutto il mondo è una mappa perfetta del lavoro continuamente in tensione tra il gestire una enorme quantità di dati e la responsabilità sia di difenderli che di metterli a disposizione di chi li vuole usare per la legge e la sicurezza.

Il Rapporto 2016 di Facebook specifica come sempre il numero di richieste di ogni governo che il social ha ricevuto, illustrato per dati e numero di contenuti limitati per violazione della legge locale nei Paesi dove è possibile questo tipo di servizio. Del secondo semestre 2016 si scopre subito che le richieste sono aumentato del 9% (da da 59.229 a 64.279), mentre il numero di restrizioni di contenuti per la violazione del diritto locale è sceso del 28% a livello globale rispetto alla prima metà del 2016, da 9.663 a 6.944, a causa, secondo gli stessi statistici del social, dell’impatto ormai decaduto delle immagini dell’attentato francese al Bataclan. Novità interessante del rapporto è che raccoglie anche le informazioni sulle interruzioni di Internet che hanno influenzato l’accesso ai prodotti e ai servizi di Facebook, dando quindi una misura, per quanto focalizzata solo su Facebook, del difficile periodo che sta vivendo l’accesso a Internet in paesi anche vicini, come la Turchia.

Il social network, tramite Chris Sonderby, consigliere per Facebook su questo ambito, tiene a precisare che il rispetto della privacy e della libertà degli utenti è ritenuta superiore a qualunque altra esigenza:

Applichiamo un approccio rigoroso a ogni richiesta di governo che riceviamo per proteggere le informazioni delle persone che usano i nostri servizi. Scrutiniamo legalmente ogni richiesta, a prescindere dal paese che la inoltra, sfidando quelli che sono carenti o troppo ampi. Non forniamo ai governi backdoor o accessi diretti. Continuiamo inoltre a cercare modi per lavorare con i partner dell’industria e della società civile per spingere i governi di tutto il mondo a riformare la sorveglianza in modo da proteggere la sicurezza e la sicurezza dei cittadini nel rispetto dei loro diritti e libertà.

Qui c’è un punto delicato: la sorveglianza degli utenti. Cresce il numero di richieste e in Usa in particolare cresce anche il numero di richieste di non divulgazione: Facebook come “poliziotto”. Anche in Italia stiamo vivendo un momento di incredibile pressione da parte della politica nei confronti del social network, più o meno esplicitamente accusato di non aiutare le autorità a combattere uno spettro di reati anche molto diversi fra loro, ma generalmente escluso dai protocolli standard (quelli di tribunali e forze dell’ordine, per intenderci) e legato a reati come hate speech, bullismo, aggressioni verbali, calunnie. Facebook però giudica lento e ingombrante l’attuale processo di gestione delle richieste, in particolare quelle transfrontaliero (come non pensare al Privacy Shield?), per questa ragione le richieste sono spesso soggette a mesi e mesi di ritardi.

L’Italia

I dati che riguardano l’Italia sono pressoché identici a quelli del semestre precedente, soprattutto nelle proporzioni tra richieste e rilascio di dati. Tra luglio e dicembre 2016, Facebook ha ricevuto 1836 richieste per processi giudiziari e 40 su procedimenti di emergenza, che hanno riguardato in totale 3230 utenti. Nel 60% dei casi le richieste sono state accolte, percentuale che sale al 72,5% per le emergenze, che hanno toccato 45 utenti. Sempre nello stesso periodo, il social network ha limitato l’accesso in Italia a contenuti legati alla diffamazione, alle molestie e alle minacce, in 11 casi. Numero bassissimo, che fa capire quanto il sistema giudiziario – l’unico a garanzia di tutti – in base all’ordine di sequestro è molto lontano dalle pretese e ambizioni, per esempio, della presidente della Camera Laura Boldrini.

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