Google e Cina, la tregua è confermata

Le autorità cinesi spiegano che Google, avendo modificato il proprio servizio ed avendo ottemperato alle richieste del Governo locale, può continuare ad agire sul territorio cinese sulla base del rinnovo della licenza. Scompare il redirect verso Hong Kong
Le autorità cinesi spiegano che Google, avendo modificato il proprio servizio ed avendo ottemperato alle richieste del Governo locale, può continuare ad agire sul territorio cinese sulla base del rinnovo della licenza. Scompare il redirect verso Hong Kong

«Dopo aver esaminato il caso, abbiamo concluso che [Google] risponde ai requisiti imposti delle leggi e dei regolamenti». Parola di Zhang Feng a nome del Ministero dell’Industria e dell’Information Technology cinese. Parole, queste, di enorme portata poichè sanciscono ufficialmente l’inizio di un nuovo rapporto tra le parti dopo gli scontri dei mesi scorsi. L’annuncio ufficiale del rinnovo della licenza di Google era stato comunicato il 9 Luglio scorso, ma si era trattato di un piccolo annuncio direttamente dal blog di Google, passato pressoché sotto silenzio e comunque privo di commenti dalla controparte. Ora a parlare è invece direttamente il Governo cinese, da cui giunge conferma sull’approvazione ed una sorta di “bentornato” ad un Google dipinto come il figliol prodigo pentito e rinsavito.

Le autorità cinesi hanno insomma acconsentito affinché Google potesse rimanere in Cina ed agire in qualità di operatore sul Web con il proprio motore di ricerca. Le parti hanno trovato un compromesso che parte dalla situazione antecedente, con la quale Google aveva sfidato il Governo locale creando un redirect verso il motore di Hong Kong (in lingua cinese, ma privo di censura). La nuova proposta Google ha eliminato il redirect automatico, compiendo quindi un diplomatico passo indietro, ma ha portato sulla homepage di Google.cn un link verso i server di Hong Kong.

Le autorità cinesi hanno esaminato a lungo la proposta ed il tutto è stato pensato in un’ottica di ampio respiro: la Cina ha, al tempo stesso, la necessità di limitare la portata di Google e il dovere di rispondere alle pressioni internazionali per la libertà d’azione sul mercato cinese e la libertà di espressione degli utenti. La scelta è stata quindi una scelta prudente: Google non viene cacciato per colpa di un link e l’attività di ricerca è comunque limitata grazie al fatto che il modulo di Google.cn indirizza comunque ai server cinesi sotto censura di Stato e con funzionalità estremamente limitate.

Google, nel frattempo, sta perdendo importanti quote di mercato ai danni di Baidu. Nell’ultimo mese la quota è scesa al 27.3% contro il 29.5% del mese passato (dati pubblicati dal Shanghai Daily), il tutto mentre il rivale cresce dal 67.8% al 70.8%. Nel giro di un anno, quindi, lo spostamento dell’utenza tra le parti è pari al 6%, il che modifica in larga parte gli equilibri e costringe Google ad una condizione poco consona rispetto alla leadership internazionale del motore di ricerca.

Ora che Google è stato benedetto anche dalle autorità, il motore si trova comunque in situazione di grave difficoltà rispetto al leader assoluto del mercato locale: la dicotomia tra google.cn (su cui Google propone soltanto servizi di traduzione, ricerca prodotti e ricerca musicale) e google.com.hk (su cui gravita invece la ricerca sul web, ma mediata da un link sulla homepage google.cn) non gioverà sicuramente al recupero delle quote di mercato perse durante le gravi turbolenze che hanno messo le parti l’una contro l’altra fin dall’inizio del 2010.

Se non altro le parole provenienti dalle istituzioni cinesi segnano l’inizio di una nuova trattativa: la rottura non si è consumata definitivamente, così come il mutuo interesse nel proseguimento del rapporto suggeriva fin dall’inizio.

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