Google, la banca e l'email sbagliata

Una email inviata per sbaglio mette a rischio i dati privati di 1325 utenti di una banca USA. La banca stessa ha così chiesto ad un giudice di sospendere l'account Gmail del destinatario della mail contenente l'allegato. E il giudice ha acconsentito
Una email inviata per sbaglio mette a rischio i dati privati di 1325 utenti di una banca USA. La banca stessa ha così chiesto ad un giudice di sospendere l'account Gmail del destinatario della mail contenente l'allegato. E il giudice ha acconsentito

La storia è quella di una mail inviata per errore. Il mittente è quello di una banca americana, mentre il destinatario (sconosciuto) è una sorta di comparsa anonima all’interno di un racconto che in teoria lo vede protagonista. Il nocciolo della questione è però nell’allegato alla mail stessa: 1325 utenti sono elencati in un database con indirizzi, Social Security Number ed altre informazioni riservate.

Quando il dipendente della Rocky Mountain Bank si è reso conto di aver inviato la mail presso un indirizzo Gmail sconosciuto, è immediatamente sorto il dubbio per cui le informazioni avrebbero potuto finire nelle mani sbagliate. L’istituto bancario si è pertanto mobilitato chiedendo immediatamente al medesimo indirizzo email di cancellare la mail ricevuta e di contattare la banca. Non ricevendo risposta alcuna, l’istituto si è quindi rivolto a Google chiedendo di disattivare l’account di posta così che il legittimo titolare non potesse accedere né ora né mai all’allegato. Google, però, ha rimandato la diffida al mittente: il gruppo non può agire sui singoli account se non su ordine di un giudice. A questo punto la banca ha rivolto la propria richiesta al giudice: Google comunichi il titolare dell’account e, se quest’ultimo risulta regolarmente attivo, ne venga temporaneamente sospeso l’accesso.

E la decisione è infine giunta: con firma del giudice Ronald Whyte si è imposta la chiusura dell’account Gmail benché l’utente di riferimento non fosse accusato di alcun reato. Semplicemente, trattasi di una misura precauzionale a protezione delle informazioni erroneamente inviate. Misura precauzionale, però, che ha suscitato le ire di quanti non appoggiano la linea di principio intrapresa poiché lesiva dei diritti dell’utente di conservare il proprio canale di comunicazione: in assenza di reato, insomma, non sarebbe lecito sospendere un account poiché passa il concetto per cui un giudice può chiedere arbitrariamente la sospensione dello stesso.

Google, una volta notificata la decisione del giudice all’utente misterioso nascosto dietro l’account destinatario, ha sospeso l’account stesso. Il portavoce Google Andrew Pederson spiega ora che il passaggio della riattivazione dovrà avvenire anche in questo caso tramite ordine del medesimo giudice. Il caso esce infatti dal tribunale per richiesta delle parti coinvolte e diventa affare privato, situazione più consona alla risoluzione di una questione tanto delicata.

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