Google patteggia 30 milioni per violazione privacy minori su YouTube

Google accetta di pagare 30 milioni di dollari per violazione della privacy dei minori su YouTube. Tutti i dettagli sul patteggiamento e le implicazioni future.
Google accetta di pagare 30 milioni di dollari per violazione della privacy dei minori su YouTube. Tutti i dettagli sul patteggiamento e le implicazioni future.
Google patteggia 30 milioni per violazione privacy minori su YouTube

Un nuovo capitolo si apre nella lunga battaglia sulla privacy minori nel mondo digitale: Google ha accettato di pagare 30 milioni di dollari per chiudere una class action che lo vedeva accusato di aver raccolto dati personali di bambini su YouTube senza il consenso dei genitori, utilizzandoli poi per finalità di pubblicità mirata. Un caso che mette ancora una volta sotto i riflettori le responsabilità delle grandi piattaforme tecnologiche nella protezione dati dei più giovani e il rispetto delle normative come il COPPA (Children’s Online Privacy Protection Act).

Il patteggiamento, il terzo milionario che coinvolge il colosso di Mountain View, è stato raggiunto dopo che i tutori di 34 bambini hanno avviato una causa, sostenendo che Google abbia utilizzato contenuti altamente attrattivi per i più piccoli, tra cui cartoni animati e filastrocche, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sensibili a scopo pubblicitario. Secondo le stime, la vicenda riguarda tra i 35 e i 45 milioni di minori statunitensi, un numero impressionante che evidenzia la portata del fenomeno e l’urgenza di regolamentare l’accesso dei bambini alle piattaforme online.

Nel dettaglio, l’accordo prevede la destinazione di circa 9 milioni di dollari per coprire le spese legali, mentre il resto sarà suddiviso tra i potenziali beneficiari: ogni minore di 13 anni residente negli Stati Uniti che abbia utilizzato YouTube tra luglio 2013 e aprile 2020 potrà ricevere un risarcimento individuale stimato tra i 30 e i 60 dollari, a seconda del numero di richieste effettivamente presentate. Un dato significativo, considerando che anche se solo l’1-2% degli aventi diritto dovesse fare domanda, l’impatto economico per Google sarebbe comunque rilevante.

La violazione del COPPA

Il contenzioso ruota attorno alla presunta violazione del COPPA e di diverse leggi statali sulla protezione dati. La normativa federale, infatti, impone restrizioni molto severe sulla raccolta di dati personali dei minori di 13 anni, obbligando le aziende a ottenere il consenso esplicito dei genitori prima di raccogliere, utilizzare o divulgare tali informazioni. I querelanti hanno sostenuto che Google, nonostante un precedente patteggiamento del 2019 con la FTC (Federal Trade Commission) e la sua società madre Alphabet, che aveva portato al pagamento di 170 milioni di dollari per violazioni simili, abbia continuato a raccogliere dati senza adottare misure adeguate per ottenere le necessarie autorizzazioni parentali.

Nel documento dell’accordo, Google ha negato qualsiasi illecito o responsabilità, sottolineando però la volontà di risolvere la controversia per evitare ulteriori spese e incertezze legali. L’intesa, presentata al tribunale federale di San Jose in California, dovrà ora essere esaminata e approvata dalla giudice Susan van Keulen prima di diventare definitiva. In caso di via libera, rappresenterebbe un nuovo precedente giuridico nel campo della privacy minori e della protezione dati online.

La vicenda ha riacceso il dibattito pubblico sull’efficacia delle attuali misure di tutela dei bambini in rete e sulle reali responsabilità delle piattaforme tecnologiche. In un’epoca in cui i più piccoli accedono sempre più precocemente ai contenuti digitali, il rispetto delle norme sulla privacy minori e la trasparenza nell’uso dei dati personali rappresentano sfide cruciali non solo per la tutela delle nuove generazioni, ma anche per la credibilità e la sostenibilità dell’intero settore tecnologico.

Le associazioni dei consumatori e i gruppi per la difesa dei diritti digitali hanno accolto con favore il patteggiamento, ma sottolineano la necessità di un rafforzamento delle normative e di controlli più stringenti da parte delle autorità. Il caso GoogleYouTube dimostra come la pubblicità mirata rivolta ai minori sia ancora una pratica diffusa, spesso difficile da monitorare e sanzionare, soprattutto quando si tratta di piattaforme globali in grado di raccogliere enormi quantità di dati in tempo reale.

Il tema della protezione dati dei minori online resta dunque centrale nell’agenda politica e sociale, richiedendo un impegno congiunto di aziende, istituzioni e famiglie. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e una regolamentazione efficace sarà possibile garantire ai più giovani un’esperienza digitale sicura, rispettosa della loro privacy e dei loro diritti fondamentali.

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