Google propone i micropagamenti per le news

Google pensa che l'editoria online debba essere principalmente basata sull'advertising, ma a questo modello potrebbe affiancarsi un sistema a pagamento che i siti di news potrebbero realizzare facendo leva su Google Checkout. Google tratterrebbe il 30%
Google pensa che l'editoria online debba essere principalmente basata sull'advertising, ma a questo modello potrebbe affiancarsi un sistema a pagamento che i siti di news potrebbero realizzare facendo leva su Google Checkout. Google tratterrebbe il 30%

«Google crede che un web aperto possa portare beneficio a tutti gli utenti e tutti gli editori. Comunque, “aperto” non vuol dire “gratis”. Crediamo che i contenuti su Internet debbano essere supportati da una molteplicità di modelli di business, inclusi i contenuti disponibili sono sotto abbonamento. Mentre crediamo che l’advertising rimarrà la fonte principale di entrata per la maggior parte dei contenuti informativi, un modello a pagamento può servire come importante fonte addizionale di profitto. In più, un modello basato su contenuti a pagamento può potenziare le opportunità pubblicitarie anziché ridurle». Così Google risponde ad una esplicita richiesta della Newspaper Association of America (pdf), interessata a sapere proprio da Google come potrebbe essere il futuro dell’editoria online e come si potrebbe formulare un nuovo modello sufficientemente remunerativo.

Google nell’affrontare il tema ha spiegato come i contenuti debbano rimanere a disposizione di chi li distribuisce, mentre il gruppo di Mountain View è pronto ad affiancarne l’attività sostenendo tanto i modelli basati su advertising quanto quelli basati su vendita. Da tempo, infatti, il gruppo sarebbe pronto a lanciare un sistema di micropagamenti ideato appositamente per il mondo editoriale, progetto che è stato ora ripreso in mano da breve e che, oggi ancora in fase larvale, promette di apportare una piccola grande rivoluzione in quel mondo che oggi guarda a Google con sedimentata diffidenza.

La base sarebbe quella di Google Checkout, servizio già sconfitto da PayPal, ma non per questo accantonato. Nel frattempo, infatti, il noto portafoglio virtuale di eBay non ha mosso alcun passo nei confronti dei micropagamenti ed ha pertanto lasciato aperto uno spiraglio del quale Google potrebbe approfittare. L’ipotesi è quella di un sistema oltremodo semplice con il quale l’utente possa fruire delle news pagando la cifra (o micro-cifra) prevista dall’editore: il 30% dell’introito verrebbe trattenuto da Google, mentre la parte restante andrebbe a chi fornisce il contenuto.

Google ha spiegato il proprio teorema in un apposito documento disponibile online (pdf), nel quale Google Checkout è dettagliato nelle proprie funzioni ed in quelle che potrebbe venire ad assumere se la nuova estensione dovesse andare in porto. A questa opportunità Google aggiunge inoltre le proprie funzioni pubblicitarie (le quali sarebbero peraltro garantite da un profiling maggiore dell’utente pagante) e dall’integrazione del proprio motore di ricerca per facilitare l’ottimizzazione delle pagine e dei contenuti in base alle necessità di indicizzazione.

Ciliegina sulla torta: Google News, il sistema che soprattutto l’Italia sta sfidando in sede legale, potrebbe essere una fonte ulteriore di introito, fornendo revenue aggiuntive per i siti che accettano la pubblicazione di semplici e gratuite preview dei propri contenuti accompagnate da pubblicità. Ipotesi, peraltro, sicuramente apprezzata dalle testate locali, le quali su Google News basano gran parte della propria capacità di monetizzare il lavoro prodotto.

Trattasi di una proposta importante, perché Google si candida così ufficialmente a divenire partner dell’editoria per passare in un lampo da nemico ad opportunità. L’offerta è variegata e libera: l’editore sceglie, Google dispone. I micropagamenti sono il tassello mancante in un contesto che vedeva oggi Google proporre il sistema pubblicitario come strada unica praticabile. Il progetto è sì in fase iniziale, ma la sola ombra della proposta è destinata a pesare non poco sugli scontri con il mondo dell’editoria online. E chissà che anche Rupert Murdoch non possa affiancare Google portando avanti nomi quali il Wall Street Journal.

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