Google, volevamo anche questo?

In questi giorni si sta tornando a parlare di Google nel modo che preferisco, quello più critico e razionale, che non si sofferma alle migliorie dei servizi di Mountan View o a qualche importante avvenimento organizzato per mostrare quanto sia “bello” Google, quell’atteggiamento critico che cerca invece di capire come può, Google, avvantaggiare o meno il web, se lo può fare realmente e come lo sta facendo.

Il titolo del post si riferisce al post di qualche giorno fa relativo all’affermazione fatta su Wikipedia da Cailliau: mi scuso se dovessi riprendere argomenti già trattati, ma il mio post vorrebbe portare in primo piano la questione del calo di Pagerank che molti siti hanno subito in questi ultimi giorni.

In quel post dicevamo che Wikipedia crea un unico nodo dove l’informazione è accentrata e segue, anche se non apparentemente, le sorti della società che sta dietro a Wikipedia; purtroppo l’abitudine ci ha costretti a non avere lo stesso senso critico nei confronti di Google, semplicemente perchè quando parliamo di Internet e del web non riusciamo a discernerlo da esse, Google è parte del web, se si trattasse di una società potremmo dire che, ad oggi, Mountan View è il maggior azionista. Proprio andando a cercare questo senso critico mi conforto leggendo che non sono il solo a pensare che Google stia iniziando a decidere troppo, e troppo rapidamente.

L’articolo pubblicato da Vittorio è perfetto, mette la pulce nell’orecchio a chi crede ciecamente in Google e nei suoi strumenti, primi fra tutti i blogger, i figli del Web 2.0.

Al Cern avevano pensato anche a Google? Penso di no, Google sta riuscendo dove qualunque altra azienda fallirebbe nella struttura della rete, perchè la società sa usare bene la carota ma anche il bastone, sa come premiare i suoi utenti con servizi free e con programmi come AdSense, ma sa anche imporre loro come devono comportarsi, di cosa devono parlare e come lo devono fare. Molti diranno che lo fa indirettamente, ma è proprio qui il segreto del successo, i siti (per lo più blog) che hanno perso Pagerank in questi giorni sembra avessero tutti in comune il fatto di vendere link pubblicitari sulle proprie pagine (o sospetti sulla vendita, non tutti lo facevano realmente), potenziali concorrenti, nel lungo tempo, proprio di Google, che li stava aiutando fornendo loro Pagerank alti e una buona indicizzazione.

Gli affari sono affari, e a Google evidentemente non piace il fatto che la rete, i blogger soprattutto, sviluppino strumenti per guadagnare con il suo aiuto. Potrebbe essere davvero così, ma la cosa più grave è che in questo modo passano in secondo piano i contenuti dei siti e dei blog, quasi fossero qualcosa di secondario per Google, quando invece dovrebbero essere il vero indice di giudizio, come ci hanno insegnato a Mountan View. Non è un giusto comportamento, Google non ha accentrato le nostre informazioni, come si supponeva avesse fatto Wikipedia, Google gestisce il teatro del web, ma quando lo spettacolo non è di suo gradimento cala il sipario, e gli attori, i veri padroni della scena, non ricevono spiegazioni. Questo è avvenuto anche in questo caso, Google non ha ancora rilasciato comunicati, né dovrebbe farlo, almeno teoricamente, in quanto il Pagerank e altri strumenti di analisi utilizzati sono di sua proprietà, non deve rendere conto a nessuno, neanche ai suoi “clienti”.

Che colpa abbiamo noi utenti? Ci siamo affidati a Google, indirettamente, il web intero si sta affidando a Google, ma quali saranno, a lungo termine, le conseguenze?

In questo caso nulla è cambiato a livello contenutistico sui siti colpiti, gli autori sono rimasti gli stessi, ma ora quei siti hanno meno potenzialità, meno visibilità, e chi gliela ha tolta è la stessa “persona” che gliela aveva data. Sicuri che al Cern avessero previsto anche questo? Sarei davvero felice di ascoltare chi vorrà smentire la mia tesi e proporre un’altra visione del tutto.

E partendo da questo post voglio fare un rimando al post di Francesca nel quale si chiede se gli spazi creati sono veramente suoi.

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