Greasemonkey, il web come lo vuoi

Cosa è e a cosa serve l'estensione per Firefox più chiacchierata del momento.
Cosa è e a cosa serve l'estensione per Firefox più chiacchierata del momento.

Qual è il punto di forza di Firefox? Negli ultimi mesi, gli uomini marketing
della Mozilla Foundation hanno giustamente posto l’enfasi su quelle caratteristiche
che meglio potessero far spiccare il loro browser rispetto ad un rivale come Internet
Explorer in evidente difficoltà su specifici fronti: sicurezza, usabilità,
privacy
. L’estendibilità e le infinite possibilità di personalizzazione
sono forse rimaste sullo sfondo, continuando però ad essere la feature
preferita dagli utenti più avanzati. Tra le centinaia di estensioni
disponibili
, quella che sta generando più discussioni nelle ultime
settimane è senza dubbio Greasemonkey.
Vediamo di capire i motivi di tanto interesse.

Cominciamo col dire che, pur condividendo con le altre il meccanismo di installazione,
più che di una vera estensione si tratta di una sorta di piattaforma
che consente l’aggiunta nel browser di script utente personalizzati
. Volendo
usare una similitudine, potremmo dire che più che ad un programma somiglia
ad un sistema operativo: serve ad eseguire altre applicazioni. Chi volesse provare
Greasemonkey, dunque, dovrà prima installarla seguendo le semplici istruzioni
contenute in questa
pagina
e poi aggiungere gli script che possono risultargli utili. Una lista
completa è reperibile qui,
ma se si è bravi, farseli da soli è un gioco da ragazzi.

Ma cosa si può fare con questi script? Sono fatti con Javascript, molti
ne sfruttano le funzionalità più avanzate e possono modificare
anche radicalmente l’aspetto e le funzionalità di un sito web
. Ce n’è
davvero per tutti i gusti e per tutte le esigenze, ma si possono suddividere grosso
modo in due macrocategorie: quelli che applicano i loro effetti a tutte le pagine
visitate e quelli specifici per certi siti. Qualche esempio. Posso andare sul
sito di Wired o del New York Times, cliccare sui link in home page e ritrovarmi
direttamente sulla versione per la stampa dell’articolo, in genere più
facile da consultare e priva di pubblicità. Oppure faccio un giro su Amazon,
cerco un libro e uno script mi aggiunge nella scheda un paio di link per verificare
se quel libro è disponibile nella biblioteca pubblica sotto casa. Se seguo
le news sul sito di CNN, invece, le posso consultare avendo prima fatto piazza
pulita della barra laterale con la pubblicità. A questo punto, tutto dovrebbe
essere più chiaro.

Una prima considerazione si può fare a riguardo degli aspetti ‘etici’
di Greasemonkey. È lecito intervenire in questo modo sul lavoro altrui?
Per molti versi la risposta è sì. Uno script utente agisce sulla
versione della pagina che si trova nella cache del mio browser, non danneggia
niente e nessuno. Se compro un libro, qualcuno può per caso impedirmi di
sottolinearlo o aggiungere commenti? Diverso è il discorso per la rimozione
della pubblicità. Su questo punto il creatore di Greasemonkey, Aaron
Bodman
, è stato perentorio: si tratta di un comportamento
scorretto
, da scoraggiare. D’altro canto, come giustamente evidenzia
Adrian Holovaty, sistemi per la rimozione delle varie forme di advertising
presenti sulle pagine web sono in giro da anni e non si può davvero dire
che abbiano avuto un impatto negativo. Puntare l’indice contro Greasemonkey su
questo aspetto, come è stato fatto, è pertanto altrettanto scorretto.

Nello stesso intervento Holovaty aggiunge una considerazione molto interessante.
Lungi dall’essere semplicemente un’espressione del potere che torna nelle mani
dell’utente, Greasemonkey rappresenta per chi gestisce un sito un opportunità
da cogliere. A cosa serve la maggior parte degli script? A migliorare l’usabilità
o ad aggiungere nuove funzionalità
. Se tanti utenti navigano su un
sito muniti di un particolare script, vuol dire che qualcosa non va, ti stanno
dando feedback, è un test di usabilità gratuito: invece di respingerli,
non sarebbe più conveniente ascoltarli questi utenti?

Chiudiamo con la questione sicurezza. Che esiste e non va sottovalutata.
Come si accennava, Greasemonkey fa uso di tecniche di scripting avanzate, sotto
molto aspetti simili a quelle utilizzate per sfruttare a fini malevoli le falle
di sicurezza di un browser. Niente e nessuno può garantire che uno script
ufficialmente destinato ad uno scopo non esegua al contempo operazioni pericolose
per la privacy e per la sicurezza di cui l’utente è inconsapevole. Senza
arrivare alle esagerazioni
di Forrester Research, che ha stilato un rapporto allarmato rivolto alle aziende
mettendole in guardia dai pericoli derivanti da Greasemonkey (tre pagine, 49 dollari!),
è sufficiente prendere qualche precauzione. Bodman ne suggerisce
una su tutte: installare script solo realizzati da persone fidate, scaricandoli
possibilmente da repertori
ufficiali
che abbiano alle spalle una comunità di sviluppatori attenta
e vigile.

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