IF12015: algoritmi convitati al festival

La questione algoritmi sparsa in tanti punti del programma del festival pisano: dalle bufale meteo al calcio, sono presenti ovunque, anche filosoficamente.
La questione algoritmi sparsa in tanti punti del programma del festival pisano: dalle bufale meteo al calcio, sono presenti ovunque, anche filosoficamente.

Sarà per il ruolo di Pisa nella storia di Internet in Italia. Sarà per i grandi nomi dei fisici e matematici che l’hanno contraddistinta secoli fa come oggi, ma davvero non poteva esistere luogo migliore dell’Internet Festival e della Scuola Normale per ospitare, spalmandolo in tanti appuntamenti, il tema più filosofico-matematico di questi tempi: gli algoritmi. Un vero convitato di pietra, talvolta anche palese, oggetto di una domenica filosofica seguita come un concerto.

Un algoritmo è sempre la soluzione più univoca e diretta? E come risolvere il problema della rimodellazione delle infrastrutture digitali senza rincorrere algoritmi proprietari che ne riducano sempre più l’orizzonte? Dopo il sentiero aperto nella scorsa edizione sulla negoziabilità dei software, un instancabile Michele Mezza ha moderato diversi panel uno di seguito all’altro dove si è dispiegato mirabilmente l’argomento convergendo filosofia e matematica nel luogo migliore, l’università, e con relatori come il filosofo Giulio Giorello, l’imprenditore Gianpiero Lotito, l’informatico (e coordinatore scientifico del festival) Gianluigi Ferrari, e poi successivamente il professor Maurizio Ferraris, importante voce della riflessione italiana e internazionale sulla Rete e i cambiamenti umani. Seduto in prima fila, un altro grande filosofo, Remo Bodei, che poi avrebbe parlato della memoria e dell’oblio.

Subito due assunti: algoritmo non è più un tecnicismo, ma un terreno sul quale è lecito e doveroso applicare un’ambizione di conflitto in termini di pensiero; si possono scegliere i precursori del pensiero filosofico-matematico come Galileo, Pico della Mirandola, Machiavelli e soprattutto Giordano Bruno, supremo pensatore del mondo infinito dove ognuno ha diritto di proclamarsi centro e si deve fare i conti con la combinatoria del sapere. Il flusso delle informazioni è sempre stato irregimentato, in quel fiume dove tutto scorre, contenuto dalla distinzione tra autore, impaginatore, grafico, stampatore. «Questo garantiva di governarsi, di orientarsi», racconta Giorello, «oggi invece chi gestisce il flusso?».

Qui entra in campo la “ragione calcolante” e la percezione cambiata della Rete spinta dal

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soluzionismo promosso dai grandi player americani. A livello – non visibile – di infrastruttura digitale c’è da chiedersi quale grado di autonomia innovativa sia rimasto agli scienziati dell’algoritmo quando le piattaforme sono sempre fornite da altri. «Bisogna essere consapevoli del pensiero computazionale e promuovere una formazione interdisciplinare perché questi temi siano più facilmente spiegati al pubblico», ha spiegato Ferrari, «e poi bisogna fare in modo che le infrastrutture si muovano altrettanto velocemente rispetto a tutti cambiamenti».

È stato fatto anche l’esempio della Volskwagen: algoritmi proprietari, in una centralina chiusa, modificati per ottenere uno scopo fraudolento. Che fare? Se si tengono gli algoritmi chiusi si possono avere casi come questi, se si aprono l’auto è potenzialmente hackerabile. «Ci vuole ente terzo certificatore», racconta Ferrari. La velocità di reazione è anche pensare alla responsabilità sociale, alla presa in carico politica della scrittura degli algoritmi

La mobilitazione totale

Una ragazza porta fuori il suo cane a passeggiare, ma gli volta le spalle perché occupata a controllare lo smartphone: anche in una situazione rilassante e immersa nella natura – sempre ammesso che là fuori sia natura e dentro il web sia un’altra cosa, e non è scontato – nessuno si esime più dal rispondere quasi militarmente alla mobilitazione generale della Rete in tasca. Tutto questo è un decadimento dell’umanità o piuttosto si limita a rivelarla? La breve e divertente lezione di Maurizio Ferraris, autore di libri fondamentali come

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Documentalità e

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Mobilitazione totale, ha suggerito che sia più probabile la seconda opzione, lasciando in soffitta Rousseau e il suo uomo nato libero e ammettendo che quella stessa notte prima dell’intervento all’università il professore aveva risposto a una mail arrivata alle 3 del mattino:

Una spiegazione classica è il binomio alienazione/liberazione, io però ne dubito: credo si tratti di una rivelazione. Non c’è vera differenza sulla conoscenza dell’umano da quella che possiamo ricavare dal web. Le conoscenze che gli antropologi ricavano dagli utensili oggi le ricaviamo da questi strumenti, questa rivelazione viene resa possibile dall’emersione di una tecnica. L’ipotesi dell’alienazione ha bisogno di un genio maligno, un grande fratello che ha organizzato tutto questo: ovviamente non è così, è troppo grosso. Nella realtà fuoco, scrittura, si sono evoluti in modo imprevedibile. Sono possibilità soggiacenti alla tecnica. Senza la rete non avremmo capito quanto siamo sottomessi.

Ribaltare la successione uomo-tecnica-mondo non è semplice e ci sono comuni resistenze per evitare di cascare nel pessimismo antropologico. Si farebbe un torto però allo spirito di queste parole emerse in una sala azzurra della Normale stipata con la gente seduta persino lungo le scale: è stato chiaro a tutti che adoperare la tecnica come strumento di conoscenza degli esseri umani è premessa solida della loro emancipazione.

Meteo, calcio: i big data a Pisa come uno show

È stato un grande lavoro portare questi temi a diversi pubblici e con diversi linguaggi per gli organizzatori. Negli spazi della Leopolda i Big Data sono stati protagonisti addirittura di uno show pomeridiano, con tanti ospiti sul palco e un pubblico più giovane. Condotto da Lorenzo Manella, lo show ha dato un formato a un percorso scientifico di contaminazione, allegro, inusuale, fra letture, improvvisazioni, lezioni, speaking, per parlare di tracciabilità, predittività, con esperti come Carlo Piana, Fosca Giannotti, Andrea Ceron.

C'è sempre stato parecchio pubblico all'IF2015 alla stazione Leopolda. Il pomeriggio di venerdì ha ospitato un vero e proprio show sul tema dei Big Data.

C’è sempre stato parecchio pubblico all’IF2015 alla stazione Leopolda. Il pomeriggio di venerdì ha ospitato un vero e proprio show sul tema dei Big Data.

Il giorno dopo di nuovo gli algoritmi nello stesso luogo, stavolta però con un viaggio condotto da Paolo Cintia e Luca Pappalardo sulla relazione fra l’analisi matematica e il calcio, anche in questo caso in modo scanzonato ma scientificamente inappuntabile. I due dottorandi in informatica dell’Università di Pisa hanno presentato al Festival il blog Big data tales dove ci sono esempi curiosi di spiegazioni algoritmiche del calcio, ispirandosi però a un correttivo: la dura legge di questo sport cantata dagli 883, tanto che al cantante Max Pezzali hanno dedicato uno score.

Divertente e istruttivo anche il panel sulla meteorologia, dove l’ha fatta da padrone Luca Lombroso, impareggiabile fustigatore dei tempi odierni in cui la meteorologia di massa ha sdoganato siti affollati di previsioni fantasiose e di dubbia correttezza scientifica. È controintuitivo, ma l’epoca dei più raffinati algoritmi corrisponde anche alla diffusione più estesa di sempre di meteo-bufale che disorientano i cittadini, e talvolta in casi peggiori li mette seriamente in pericolo. Questione quindi di fornire informazioni corrette, non stancarsi mai di spiegare dove trovarle, combattere la pseudo-scienza con la stessa tecnica valida per le bufale dei social media. Anche perché ci sono di mezzo i cambiamenti climatici, la comunicazione d’emergenza, le stesse politiche di sicurezza e informazione dei territori.

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