Il contratto di inserimento

Dopo aver analizzato, tra le altre, l’opzione del contratto di formazione, è la volta di soffermarsi su un’altra tipologia di assunzione che le aziende possono mettere in pratica in accordo con il lavoratore: il contratto di inserimento.

Anch’esso, alla stessa maniera del contratto di formazione e di altre sotto-categorie, è incluso nell’ambito della tipologia denominata “lavoro subordinato“, da Wikipedia definita come:

La nozione giuridica di lavoro subordinato più recente, parte dal presupposto dell’assoggettamento del prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro, assoggettamento identificabile nella possibilità da parte del datore di lavoro di poter determinare modalità e tempi di esecuzione dell’oggetto dell’obbligazione sorta dal contratto stipulato dalle parti.

Il suo scopo è quello di realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento/reinserimento nel mercato del lavoro.

Introdotto nel 2003, con il d.lgs. n.276, mira a facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani (tra i 18 e i 29 anni), disoccupati ultra cinquantenni e di lunga durata, donne residenti in zone di grande disoccupazione femminile e persone affette da handicap.

La sua durata è compresa tra un minimo di 9, e un massimo di 18 mesi (fino a 36, per i portati di handicap), ed è conveniente sia per il lavoratore che per il datore di lavoro: il primo, infatti, ottiene un posto di lavoro, mentre il secondo potrà assumerlo mediante un inquadramento sino a due livelli inferiori a quello della reale qualifica.

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