Il mestiere del "ghost Twitterer"

Una nuova ricerca, diffusa a inizio giugno dal sito Harvard Business Publishing, scopre una dinamica particolare nei flussi di comunicazione su Twitter: a differenza di ciò che accade in altre piattaforme sociali, qui il 10% dei titolari di account produce il 90% dei messaggi (i tweet lunghi fino a 140 caratteri). Gli altri si limitano a seguire, oppure “twittano” molto poco; tra l’altro, gli uomini sono più seguiti delle donne.

Esagerando, si è parlato di una dinamica più vicina ai mass-media che ai social network. In ogni caso, la ricerca sembra confermare che Twitter è il posto giusto per tutti quei personaggi che, dal mondo dello sport e dello spettacolo a quello della politica, hanno bisogno di un “seguito” fedele e sono capaci di mantenerselo. Ma può bastare, da solo, il carisma del “personaggio”?

Quella del “ghost Twitterer”, lo “scrittore fantasma” di messaggini su commissione, sembra ormai essere un mestiere a tutti gli effetti. Da Obama a Britney Spears, sono moltissimi i personaggi che, diventati un brand, con un “verified account” garantito da Twitter, hanno a loro disposizione professionisti della scrittura in formato SMS. Di questa moda ride il cestista Shaquille O’Neal che, in un’intervista riportata dal New York Times, dichiara ironicamente:

Sono solo 140 caratteri. Sono pochi. Se hai bisogno di un ghostwriter per questo, mi dispiace per te!.

A tutti gli aspiranti “ghost twitterer”: ha ragione Shaquille O’Neal?

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