Incubo sicurezza per Microsoft

Archiviata la pratica del processo antitrust, nuovi guai per Bill Gates e soci potrebbero venire dagli hacker. Gli impiegati governativi sono stufi di installare continuamente patch di sicurezza, mentre Microsoft deve ancora fare i conti con vecchi virus
Archiviata la pratica del processo antitrust, nuovi guai per Bill Gates e soci potrebbero venire dagli hacker. Gli impiegati governativi sono stufi di installare continuamente patch di sicurezza, mentre Microsoft deve ancora fare i conti con vecchi virus

Bill Gates doveva averlo capito fin dallo scorso gennaio:
gli hacker potevano riuscire laddove la giustizia americana stava fallendo,
ovvero nel tentativo di spezzare il monopolio di Microsoft. In una lettera inviata a
tutti i dipendenti, il grande capo aveva lanciato la crociata del Trustworthy
Computing
, il calcolo sicuro: «d’ora in avanti», aveva scritto Gates, «tra
aggiungere nuove funzioni o risolvere questioni di sicurezza, dobbiamo
scegliere la sicurezza».

Quasi sei mesi sono passati da quella dichiarazione
d’intenti, ma la discesa in campo di Chief Bill in persona non sembra aver
sortito gli effetti sperati. La totalità degli uffici pubblici statunitensi adotta sistemi Microsoft per le proprie attrezzature informatiche. Gli impiegati
governativi stanno ora valutando se sia il caso di utilizzare il loro enorme potere d’acquisto per costringere Microsoft a cambiare andazzo. In particolare, gli uffici e gli enti pubblici puntano il dito contro l’abitudine del gigante di Redmond di inserire nei software aziendali le nuove funzionalità pensate per deliziare l’utenza privata. Il capo della sicurezza informatica presso la National Aeronautics and Space
Administration (NASA), David B. Nelson, ha espresso tutta la sua frustrazione
in una dichiarazione all’Associated Press: «se ne escono con tutti questi campanellini per gli indigeni,» ha spiegato Nelson, «;ed ogni campanellino è una possibile vulnerabilità».

Quel che è peggio per Microsoft, le lamentele degli
impiegati governativi sono state subito fatte proprie da quei gruppi che da
sempre tentano di arginare lo strapotere di Gates e soci e le cui quotazioni erano scese in seguito all’accordo antitrust tra Microsoft ed il Dipartimento di
Giustizia. Ralph Nader, terzo candidato alle ultime presidenziali e leader degli attivisti statunitensi, ha indirizzato una lettera all’Office of Management and Budget (OMB), criticando la politica pro-Microsoft adottata dall’amministrazione repubblicana. »Per il governo sarà sempre più duro
spiegare questo atteggiamento,« ha scritto Nader, chiedendo in sostanza che Microsoft venga punita almeno per le sue mancanze sul piano puramente commerciale.

L’attivista statunitense chiede inoltre se la «”monocultura”
non renda il governo federale più vulnerabile» e se «non sarebbe più facile gestire i problemi di sicurezza se i software client fossero open source». All’enorme danno economico che Microsoft dovrebbe affrontare se l’amministrazione USA decidesse di spostarsi verso piattaforme open source rischia ora di aggiungersi la beffa. Nella sua lettera di gennaio, Gates indicava come punta di diamante della strategia del Trustworthy Computing Visual Studio .NET,
definita «la prima applicazione multi-linguaggio ottimizzata per la creazione di codice sicuro». Proprio nelle copie del kit di sviluppo di Visual Studio .NET per il mercato coreano è
stata trovata
la scorsa settimana una copia inerte di Nimda, uno dei worm più diffusi dell’anno.

Sotto osservazione era finito intanto anche un altro dei
programmi di punta della scuderia di Bill Gates. Da tre settimane i tecnici di
Microsoft stanno tentando senza successo di risolvere una falla di Internet Explorer che rende vulnerabile qualunque computer acceda ad un sito Gopher, un protocollo per la navigazione precendente l’HTTP. Sembra proprio che Microsoft non riuscirà a vedere un futuro radioso se prima non avrà fatto i conti con il passato.

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