La sicurezza non esiste. Neanche in Svezia

Curiosamente, uno dei commenti a questo blog, indignato per l’arresto della povera Samantha Tumpach e per l’affine atmosfera che si respira in Italia, invitava ad emigrare in Svezia. Si tratta probabilmente di una burla, che però sembra ignorare come il paese scandinavo sia tutt’altro che un luogo dove i reati contro la proprietà intellettuale sono tollerati.

I problemi avuti da The Pirate Bay sono noti. Più recente è la notizia dell’arresto di un grande filesharer. Come conseguenza per la rete, i suoi ben 12.000 file condivisi sono stati sigillati insieme al computer in cui erano memorizzati.

TorrentFreak, nella sua analisi, punta l’attenzione sul fatto che il sistema dei torrent renda molto difficile alla polizia interventi del genere. Infatti, se è relativamente semplice scoprire chi sta condividendo tale film o tale canzone, più difficile è capire quale sia l’effettivo numero di file condivisi da ognuno degli utenti. Questo ovviamente si lega al fatto che, l’arresto scatta, per lo più, solo in caso di persone di cui sia stato accertato un numero di upload/download giornaliero molto alto.

Se però il filesharer utilizza un software, per quanto sicuro come Direct Connect, le cose cambiano. Sintetizzando, quando si condivide un’intera cartella del proprio hard disk, il rischio di essere rintracciati dalla polizia aumenta.

Certamente sarebbe sufficiente condividere solo file la cui circolazione non è limitata da copyright per azzerare i rischi. Sappiamo bene, però, che questa non è la prassi più comune fra gli utenti.

In conclusione, dobbiamo ricordare che è considerata pirateria anche l’upload/download di un solo file, quindi, a ben vedere, non è così scontato se maggiori sicurezze vengano da sistemi come BitTorrent o da software votati alla privacy, come Direct Connect, OneSwarm o iMule.

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