Il Comandante Mentana

Enrico Mentana interviene a Campus Party e lancia un vero e proprio appello alle masse: fermare l'oscurantismo sul web col proprio impegno.
Enrico Mentana interviene a Campus Party e lancia un vero e proprio appello alle masse: fermare l'oscurantismo sul web col proprio impegno.

«Secondo me la missione di tutti noi è far prevalere il buon senso, le conquiste della scienza, la capacità di dialogare tra persone per bene, per evitare il ritorno dell’oscurantismo. Ci sono i terrapiattisti tra noi!». Enrico Mentana ha attraversato diverse fasi nel suo rapporto con la Rete, ma da qualche tempo ormai spende molte energie e tempo per fare della sua pagina Facebook una trincea contro haters, bufale e quelli che lui chiama “avvelenatori di pozzi"; al Campus Party il suo intervento è stato un vero e proprio appello da comandante: uniamoci contro l’oscurantismo.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando il direttore del Tg La7, leggenda nazionale per le sue maratone televisive, decise di lasciare Twitter, dopo uno shitstorm che lo indusse a credere non ci fosse nulla da fare sui social. In realtà, ha spiegato lui sul palco del Campus Party a Milano dove è intervenuto (video) sul tema social network, non ha mai amato Twitter mentre continua a usare Facebook, «un social più consono per me, dove imposto io un argomento, le persone rispondono, più o meno educatamente, e ho tutto lo spazio per dire la mia così come per rispondere o decidere di non farlo».

Il ragionamento di Chicco Mentana è abbastanza lineare: la disintermediazione ha portato milioni di persone a informarsi in modo diverso, l’accesso di massa alle notizie là dove era o appariva gratuita ha dato la stura a una possente macchina controfattuale, il giornalismo classicamente inteso è in pratica un antiquariato, la contendibilità delle notizie è diventata in modo naturale contendibilità dei fatti. «Perché ho deciso di dedicare tempo, dedizione, forza, arguzia, nella presenza social?», dice Mentana dal palco centrale, davanti a una platea attentissima. «Perché è essenziale portare l’informazione nell’unico campo di battaglia: il web». La Rete torna sempre, magnifica ossessione del giornalista a cui hanno dedicato persino una pagina, “Mentana blasta la gente“. Già, ma cosa vuol dire blastare? E perché dovrebbe essere utile?

Un campo di battaglia

Mentana ha una convinzione difficile da sradicare: non va prestato il fianco a tutto quanto contribuisce ad avvelenare la conversazione pubblica, che ha prosperato nella prima fase “entusiasta” del world wide web. Al contrario, bisogna «rimboccarsi le maniche nell’unico campo a disposizione», spiegando ostinatamente le cose, sapendo che ad esempio le fake news gravi sono state smascherate e non è vero che esistano due mondi:

Il mondo di sopra che costruisce verità e quello di sotto che le subisce è una fantasia. Basti pensare a una delle più grandi fake della politica degli anni duemila, quella delle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein era una bugia di Usa e Regno Unito e come tale venne contestata, e alle fine lo dovettero ammettere.

Nella visione di Mentana, ci sono delle premesse storiche, un mutamento antropologico, una situazione contingente – quella della mentalità gregaria dei giovani che non sembrano essere capaci di reclamare i propri spazi e opportunità – e un pericolo attuale messo in opera non solo da cialtroni di vario genere, ma anche da avvelenatori di pozzi professionali. È in questo contesto che Mentana trova la ragione della sua call 4 blaster:

Il padre putativo di tutto questo meccanismo è il web. Troppe persone non conoscono più le vie delle strade, non sanno far di conto, non sanno ragionare in modo logico e ordinato (argomento dell’ultimo libro di Ermanno Bencivenga, nda). Dovete fare attenzione che non si perda il libero patrimonio che si conquista tramite la libera lettura dei testi. Ciascun vivente è su Wikipedia, e ciascuno vi potrà dire che ci sono gli errori. Immaginate quindi su cosa baseremmo la nostra conoscenza, troppo spesso con una fonte sola, dettata da algoritmi nel caso dei social e dei motori di ricerca. (…) Quante volte leggendo una cosa vi è venuto in mente un collegamento, avete avuto intuizioni, che allargano la mente? Ecco, nella strettoia del comune accesso non funziona: si appiattisce. E diventiamo tutti polli da batteria.

Mentana ha davvero ragione? Le cose stanno davvero così? Ci sono troppi problemi e tutti troppo complessi per riassumerli in poche righe, ma certamente esistono studi scientifici – la stessa scienza che raccomanda e difende Mentana – che mettono in forte discussione e talvolta smontano completamente le relazioni tra fake ed elezioni politiche, la relazione tra hate speech ed estremismi ideologici, la relazione tra la smentita (il debunking) e la vittima della bufala stessa, visto che questi contenuti fanno presa su persone che non sono disposte tanto facilmente a cambiare opinione, e resistono anche di fronte all’evidenza; inoltre contrastare sui social su un piano di equivalenza retorica non raggiunge efficacemente i propri obiettivi e spesso finisce verso chi non ne è vittima, a causa delle bolle create dai social stessi. Insomma: da un lato Mentana raduna un popolo di volenterosi contro l’oscurantismo, ma alla domanda di Webnews (video sotto) sulla efficacia del metodo, smentita dai sociologi, risponde che non gli importa.

Di per sé le raccomandazioni di Mentana sono giuste, e non si spingerà mai abbastanza le nuove generazioni a uscire da logiche di habitat già preconfezionati: è il principio della maturità. La passione con la quale il noto giornalista parla di immigrazione, vaccini, politica, e tanti altri temi vittime della banalizzazione e delle false verità, è autentica, così come è interessante ed istruttivo soprattutto per una platea di ragazzi che sembrano sempre un po’ sperduti, confusi e “accelerati” nel loro consumo di informazioni, il concetto secondo il quale l’essenziale non è l’essenza e il riassunto non è la sostanza. Tuttavia il discorso in premessa è ancora colpevolista, anche se certamente colto e nient’affatto banale. Che sia cosa buona mettersi l’elmetto o piuttosto rifiutarsi di indossarlo, andare altrove nella contronarrazione, ciascuno decida liberamente.

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