Neutralità e piattaforme: la legge Quintarelli

Passa alla Camera una proposta di Stefano Quintarelli che decide due principi importanti: neutralità della rete e non discriminazione delle piattaforme.
Passa alla Camera una proposta di Stefano Quintarelli che decide due principi importanti: neutralità della rete e non discriminazione delle piattaforme.

Oggi in Commissione Trasporti alla Camera viene approvata definitivamente una proposta di legge sulle piattaforme e Internet attesa da molti e dal potenziale rivoluzionario. Il suo primo firmatario è Stefano Quintarelli, e già questa è una garanzia, ma la legge sui servizi di rete Internet “per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti” è davvero la sintesi di molto lavoro fatto negli ultimi tempi dalla parte più lucida e attiva della politica italiana a proposito di neutralità e interoperabilità. Due concetti che sanno di Rete degli albori, di tempi andati, invece sono tornati: con questo testo la Net Neutrality diventa garanzia; cambia anche il rapporto dell’utente con le piattaforme e i loro negozi di applicazioni.

Update: la legge è stata approvata all’unanimità con 27 voti favorevoli su 27 presenti:

Presentata due anni fa, la proposta di legge 2520 ha attraversato i marosi di una Camera dei deputati dal calendario ingolfato puntando ad essere votata in sede legislativa, cioè senza il passaggio in aula. Un iter che prevede un doppio passaggio del governo e delle commissioni coinvolte. La legge Quintarelli – firmata da altri deputati dell’Intergruppo per l’Innovazione e che vede l’appoggio praticamente dell’intero arco parlamentare in commissione – dice poche cose ma le dice bene. In quattro articoli definisce gli operatori di rete (art.1), spiega (art.2) che ogni servizio commerciale di accesso deve qualificarsi per quello che effettivamente fornisce all’utente senza essere confuso con il servizio illimitato a Internet (e questo andrebbe spiegato anche a Mark Zuckerberg), e nell’articolo 3 sui limiti alla gestione del traffico scrive parole definitive sulla neutralità. Facendo tesoro di tutto il dibattito nato l’anno scorso tra Europa e Stati Uniti e partendo dall’articolo della Carta dei diritti in Internet, con questa legge l’Italia si dota di uno strumento che garantisce la non discriminazione:

Agli operatori non è consentito ostacolare, ovvero rallentare rispetto alla velocità alla quale sarebbe fornito a un utente nella stessa area avente la medesima capacità di banda e con accesso illimitato alla rete internet, l’accesso ad applicazioni e servizi internet, fatti salvi i casi in cui le misure che ostacolano o rallentano l’accesso siano necessarie.

A meno che non serva a ridurre congestione del traffico o salvaguardane l’integrità, oppure per dare seguito un ordine del tribunale, non sarà mai possibile mettere in discussione il best effort secondo gli standard forniti dall’Agcom. I pacchetti su Internet devono correre alla stessa velocità per tutti. Cosa diversa è la commercializzazione di servizi premium, a valore aggiunto, dove l’utente può, liberamente e senza vincoli contrattuali, chiedere un servizio di prioritazzazione sulla sua rete di accesso, ma dovrà essere oggetto di un separato accordo tariffario rispetto al contratto di abbonamento alla Rete e non dovrà essere legato ad una specifica applicazione di uno specifico fornitore.

Di fatto, la neutralità della rete definita nella Carta dei diritti in Internet un anno fa diventa legge, e sembra di leggere il rapporto che all’epoca il MISE fece grazie a una commissione a cui partecipò anche Quintarelli. In quelle riflessioni sulla riclassificazione votata dalla FCC negli Stati Uniti c’era già tutto quanto confermato anche in seguito dal sottosegretario Antonello Giacomelli, che rappresenta l’estensione governativa di questo pensatoio che ha ottenuto il risultato di oggi. Ma in quelle riflessione si parlava anche di neutralità delle piattaforme, e questo concetto – forse ancora più importante e rivoluzionario – è nell’ultimo articolo, il quarto, della legge.

Interoperabilità degli store e delle app

All’apparenza semplice, dedicato all’interoperabilità, in realtà cambia completamente lo scenario della distribuzione degli app-store nei nostri device in mobilità. A proposito di “Libero accesso a software, contenuti e servizi”, l’articolo decreta che gli utenti “hanno il diritto di reperire online in formato idoneo alla piattaforma tecnologica desiderata e di utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software, proprietario od open source, contenuti e servizi legali di loro scelta”. Questo riguarda la libertà di servizio e la non discriminazione delle scelte dell’utente. Poi aggiunge:

Gli utenti hanno il diritto, indipendentemente dalla piattaforma tecnologica utilizzata, di reperire contenuti e servizi dal fornitore di propria scelta alle condizioni, con le modalità e nei termini liberamente definiti da ciascun fornitore. Gli utenti hanno il diritto di disinstallare software e di rimuovere contenuti non di loro interesse dai propri dispositivi. (Questi diritti) non possono essere in alcun modo limitati o vincolati all’acquisto o all’utilizzo di alcuni software, contenuti o servizi da parte dei gestori delle piattaforme mediante strumenti contrattuali, tecnologici, economici o di esperienza utente.

Diritti di reperire ovunque il contenuto, diritto di disinstallarlo, diritto di acquistarlo al di là della cornice della piattaforma. In pratica, con questa legge si dice che Android e iOS sono i sistemi mentre Google Play e iTunes sono gli store e che i loro destini non sono per forza legati. Il possessore deve avere la possibilità di installare applicazioni da fonti alternative (già oggi possibile con alcune limitazioni su Android e dove esistono inoltre diversi store alternativi). La forza è dirompente, d’ora in avanti anche per gli editori sarà più semplice scegliere una propria via di pubblicazione dei contenuti, con le loro proprie politiche commerciali. Una scelta più libera, che ovviamente non garantisce lo stesso market share, ma le piattaforme dovranno adeguarsi e consentire l’installazione di applicazioni ed eventualmente store con regole proprie, neutrali rispetto alla piattaforma OTT.

Quintarelli: libertà di scelta e di espressione

Con questa legge il paese dice che deve essere sempre possibile installare applicazioni al di fuori dagli store delle piattaforme. Allo scopo, spiega Quintarelli, di aumentare le possibilità di scelta e la libertà di espressione su Internet per tutti i cittadini.

Un punto di equilibrio non punitivo nei confronti degli operatori ma che apre degli spazi per possibile competizione; punto di equilibrio che è stato accolto positivamente da tutti i soggetti auditi in commissione: dai gestori di servizi che basano in misura significativa la propria attività online, alle associazioni dei consumatori , ad operatori telco quali Telecom e Fastweb, ad OTT quali Facebook, Google e Microsoft.

La vecchia scuola, sempre valida, di Internet

La scuola di pensiero di chi si è formato come Quintarelli nelle radici della Rete e che ha visto crescere le piattaforme con la loro forza distorsiva (analizzata e commentata da Quintarelli nel suo ultimo libro) riprende il concetto chiave dei fondatori: tutti devono avere la possibilità di decidere quali contenuti vogliono inviare e ricevere, quali servizi e applicazioni vogliono usare, e una volta deciso devono potersene fornire altrettanto liberamente e indipendentemente dall’hardware o dai sistemi operativi sovrastanti.

La legge ora andrà in Senato, dove l’iter sarà tradizionale col voto in aula. In caso di nessuna variazione, Net Neutrality e interoperabilità degli app-store diventeranno realtà.

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