Quanto si guadagna con un social network?

Qualcuno arriva a parlare di “rischio fallimento“, come riporta il titolo di un articolo di Longo per Repubblica.it: il 2009 sembra aprirsi con un bel dilemma per chi si occupa di Web marketing e dei modelli di business sostenibili per le piattaforme che offrono servizi gratuiti.

Il fatto è questo: le previsioni sui ricavi 2008 per i più grandi social network (in particolare MySpace e Facebook) sono state continuamente ritoccate al ribasso; inoltre, anche se Facebook sta conquistando terreno a spese di MySpace, non riesce a decollare dal punto di vista degli introiti pubblicitari. Eppure, si tratta di social network le cui pagine visitate vanno calcolate in centinaia di milioni al giorno e in miliardi al mese.

In un report sui ricavi dei principali social network, la senior analyst di eMarketer, Debra Aho Williamson, espone alcuni dati significativi. Nel 2008, la Fox Interactive Media, a cui fa capo MySpace, ha avuto ricavi stimati attorno agli 856 milioni di dollari: mentre a maggio 2008 le previsioni per MySpace stimavano un ricavo annuale attorno ai 755 milioni di dollari, a fine anno la nuova stima è di 585 milioni di dollari annui.

Questi dati vanno presi con molta cautela soprattutto perché eMarketer, tra maggio e dicembre 2008, ha cambiato il modello di valutazione delle entrate di MySpace: mentre a inizio anno attribuivano al social network l’80% dei ricavi di Fox Interactive Media, a fine anno gli attribuiscono il 70% di quella “torta”.

Per quanto riguarda Facebook, la crescita dei ricavi tra 2007 e 2008 è stimata a “soli” 60 milioni di dollari (dai 150 del 2007 ai 210 del 2008), nonostante il boom degli utenti. Anche in questo caso, le stime relative ai ricavi sono state riviste al ribasso durante l’anno e la distanza da MySpace è ben visibile.

Parlare di “fallimento” per il momento è un’esagerazione, ma non si può negare che si tratti di una bella “impasse”: il fatto è che la pubblicità, sui social network, finché rimane discreta finisce con l’essere ignorata; se risulta invadente, non per questo diventa automaticamente efficace, perché finisce con l’essere fastidiosa e può addirittura provocare reazioni di “rigetto” al servizio. Si tratta di trovare un equilibrio tra questi due punti, oppure di confezionare nuovi modelli di presentazione del messaggio: Facebook ad esempio può segnalare che un “tuo amico” è fan o interessato a un qualche prodotto… Mentre MySpace lavora su iniziative come MySpace Music e sul perfezionamento dell’allineamento tra targeting della pubblicità e profilo degli utenti, Facebook fa stime sulle entrate dai “virtual gifts” e medita su iniziative analoghe.

Tra le ipotesi per incrementare i ricavi, c’è chi pensa a modelli pay-per-use: a partire dalla (insostenibile) gratuità dell’utilizzo di base, verranno forse introdotte funzioni aggiuntive a pagamento. Sarebbe come fare un marketing autoreferenziale, anzitutto sul proprio “prodotto” e sulle esigenze aggiuntive indotte negli utenti dal servizio free.

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