Ragazza suicida, dito puntato contro Ask.fm

Una ragazza si è gettata nel vuoto a Cittadella dopo aver cercato invano aiuto su Ask.fm, ricevendo invece insulti: analisi di una situazione complessa.
Una ragazza si è gettata nel vuoto a Cittadella dopo aver cercato invano aiuto su Ask.fm, ricevendo invece insulti: analisi di una situazione complessa.

Una ragazza di 14 anni si è gettata dal tetto di un hotel abbandonato a Cittadella. La notizia è di ieri e nelle ultime ore il coro degli articolisti è unanime: è stata spinta al suicidio da Ask.fm, un social network nel quale altri ragazzi l’avrebbero insultata e incoraggiata al gesto estremo. Lei, sola di fronte al suo display e alla sua disperazione, non ha trovato resistenze agli impulsi autolesionisti che ormai attanagliavano i suoi pensieri da tempo. E così si è tuffata, volando fino al selciato come ultimo logout da una vita che non voleva più affrontare.

Non è il primo caso e non sarà l’ultimo: Ask.fm è stato al centro di un caso del tutto simile anche in Inghilterra, ove il suicidio di Hannah Smith ha creato forte imbarazzo e il diretto coinvolgimento del Premier David Cameron. Ancora una volta occorre però far chiarezza, prima che l’istinto porti a reazioni scomposte nei confronti di fatti di cronaca tanto tristi. Perché additare un social network è tanto facile quanto superficiale, mentre una disamina di colpe e responsabilità ha ben più motivo d’essere.

Su Ask.fm ci siamo espressi prima del fatto odierno (e dunque aprioristicamente), soltanto poche settimane fa, esprimendo un concetto che intendiamo ribadire:

Ad Ask.fm occorre additare maggiori responsabilità rispetto ad altri social network poiché la natura stessa su cui è stato strutturato spinge verso situazioni di maggior pericolosità. […] Eleganza, coscienza, maturità, rispetto, intelligenza: non sono questi valori che Ask.fm ha la responsabilità di elargire tra i più giovani, in quanto valori che altre entità dovrebbero invece instillare. Ad Ask.fm va però imputato un certo interessato lassismo nel recepire i pericoli in ballo. Se dunque il social network porta in evidenza profili sulle cui pagine sono presenti contenuti del tutto delicati, allora decade la difesa d’ufficio che ogni social network meriterebbe a priori per il ruolo di tramite che va a svolgere. Perché se l’impossibilità di controllare è una attenuante a qualsiasi accusa, l’incapacità di controllare è invece una aggravante.

Rimandiamo dunque alla disamina più completa di cosa sia Ask.fm e del perché abbia un profilo di pericolosità maggiore a qualsiasi altro social network, poiché è da lì che occorre partire per capire il caso odierno.

La ragazza ha cercato aiuto nel luogo sbagliato: un social network nel quale un adolescente è solo in mezzo a una arena di altri ragazzi, automaticamente rischia di andare allo sbando poiché nessuno in quel contesto isolato ha la necessaria consapevolezza per porre un freno a eventuali situazioni pericolose. E se anche qualcuno ci ha a quanto pare provato, con tutta evidenza non ci è riuscito. Fermare un treno in corsa non è sempre cosa possibile: evitare che perda il controllo, invece, sì. Ma bisogna partire da più lontano.

Chiudere Ask.fm non è la soluzione

Chi pensa che la soluzione sia nell’imporre la chiusura di Ask.fm farebbe meglio a rivolgere altrove le proprie attenzioni poiché non ha probabilmente realmente voglia di capire davvero la situazione. Chiuso Ask.fm, infatti, ne nascerà un altro e poi un altro ancora, nessuno palesemente pericoloso ma tutti parimenti parte di un medesimo sistema di relazioni che mette inconsapevolmente in mostra il nervo scoperto di una società fragile. Occorre andare oltre il ragionamento “facile”, occorre evitare ogni superficialità: lo si deve a chi di fronte a questo problema non ha trovato appiglio alcuno di salvezza.

Occorre anzitutto partire alla radice del problema: di chi è la colpa quando avviene un suicidio? La risposta è mai facile né soddisfacente e spesso nemmeno la domanda stessa è opportuna. Tuttavia occorre provare a pensare alla colpa senza pensare ai colpevoli, analizzando i ruoli al di là delle persone. La colpa è in chi ha sopravvalutato gli indizi (che c’erano: la ragazza caricava da tempo sul suo profilo elementi chiari di autolesionismo e di richiesta di aiuto); la colpa è in chi ha nutrito il proprio ego spingendola ulteriormente verso l’abisso; la colpa è in chi non ha saputo capire quanto stesse accadendo a partire dal mondo offline, prima e al di fuori di quella che potrebbe essere stata la goccia online che ha fatto traboccare il vaso; la colpa è in chi non ha saputo sentire la ragazzina in profondità quando lei si è isolata da chi aveva vicino cercando aiuto in anonimi utenti remoti; la colpa è più in generale in un contesto sociale che non sa offrire agli adolescenti armi a sufficienza per resistere alle pressioni che gli adolescenti stessi ricevono.

La concomitanza di tutti questi elementi ha portato una ragazzina a un gesto più grande di lei. Ma cosa avrebbe potuto fare Ask.fm? Poco, probabilmente. Forse nulla. Tuttavia è necessario chiedersi se qualcosa possa fare d’ora innanzi, poiché l’alternativa è veder smantellato il network dalla pioggia di critiche destinata a cadere sul sito con sempre maggior insistenza. Perché se un sistema porta alla deriva, allora va fermato a prescindere dalle sue colpe dirette: una assunzione di responsabilità è necessaria in ogni caso poiché ignorare la situazione trasforma inevitabilmente la responsabilità in colpa.

Cosa dovrebbe fare Ask.fm?

Ask.fm potrebbe approntare sistemi di assistenza per ragazzi in difficoltà, una sorta di contatto sicuro a cui rivolgersi se si è bersagliati di insulti, se ci si sente fragili, se ci si sente messi in un angolo. Ask.fm potrebbe consentire la segnalazione di casi problematici, affidando eventualmente ad associazioni di aiuto il compito di analizzare il caso specifico ed eventualmente intervenire. Ask.fm potrebbe tentare di capire quali parole chiave possano indicare ipotetiche situazioni a rischio, tenendole sott’occhio per far sì che qualcuno abbia la possibilità di intervenire. Tutto ciò è però molto teorico, mentre nei fatti il mondo adolescenziale (ambito nel quale Ask.fm spopola, soprattutto in Italia) è il mondo più complesso di tutti da capire. Il tasso di suicidi in questa fascia d’età, quando il bambino si scontra improvvisamente con il mondo adulto con la necessità di imparare tutto e subito, è alto a prescindere da Ask.fm, poiché antecedente e indipendente dal network medesimo.

Il problema è altrove, ma su Ask.fm trova la sua valvola di sfogo. Additare Ask.fm ora, del resto, è come colpevolizzare Facebook per l’aumento dei divorzi, come se i social network fossero l’origine di ogni male. Al contrario, ne sono forse il campo ultimo di applicazione, la lente di ingrandimento, il catalizzatore del bene e del male e di tutto il resto dei rapporti sociali. Il malessere va considerato piuttosto al di fuori dei social network, per capire di conseguenza se i social network stessi possano o meno trasformarsi in una opportunità invece che in un rischio.

Ask.fm può e deve cambiare. La sua colpa va analizzata da adesso in avanti: alla luce di quanto accaduto, è lecito pensare che il social network debba almeno reagire e dimostrare di voler migliorare quel sostrato sul quale cresce senza controllo un certo malessere. Tuttavia la società e la critica giornalistica debbono trovare la necessaria maturazione culturale e la necessaria consapevolezza per capire che non è possibile attribuire tutte le colpe al social network, poiché ciò significherebbe ignorare le colpe reali di fronte ad un fatto di tale tristezza e gravità.

Tra colpe e responsabilità

Colpa e responsabilità sono cose differenti. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, poiché solo così la sua coscienza non sarà macchiata dalla colpa. Anche Ask.fm, ma non solo Ask.fm: perché se il social network deve diventare il capro espiatorio, allora il problema non sarà risolto e altre famiglie dovranno piangere in futuro per un fatti che nessuno potrà mai spiegare davvero. La lucidità dell’analisi non venga meno nemmeno di fronte a casi come quello di Cittadella, così che si riesca a dare un senso a qualcosa che un senso sembra non averlo.

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