Rapporto Caio: l'Italia e l'Agenda Digitale

Tre anni per raggiungere con la nuova rete almeno la metà degli italiani: costo 13 miliardi di euro e nessuna concreta ipotesi di scorporo all'orizzonte.
Tre anni per raggiungere con la nuova rete almeno la metà degli italiani: costo 13 miliardi di euro e nessuna concreta ipotesi di scorporo all'orizzonte.

Oggi è stato presentato il Rapporto di Francesco Caio, l’uomo di fiducia scelto da Palazzo Chigi per l’attuazione dell’agenda digitale ed il perseguimento degli obiettivi fissati da Neelie Kroes con l’Agenda Digitale europea. La domanda a cui vuole rispondere il documento è semplice: come intende il governo italiano porre le basi per raggiungere gli obiettivi di Agenda 2020? Alla presentazione hanno partecipato il presidente del Consiglio Enrico Letta, mentre il commissario del governo ha illustrato le proposte insieme a Gérard Pogorel, professore emerito dell’Università ParisTech di Parigi e da Scott Marcus, già advisor della Federal Communication Commission.

Il Rapporto Caio sintetizza il piano nazionale per la banda larga e ultra larga. Lo scorso novembre Letta ha incaricato Caio di costituire un piccolo gruppo di esperti internazionali per condurre un’analisi dei piani di investimento dei gestori italiani di telecomunicazioni. Il problema è noto e ne ha parlato anche il commissario Agcom nella intervista a Webnews due giorni fa: bisogna inventarsi qualcosa per coprire con le reti di nuova generazione, colmare il digital divide, e partire dall’assunto che la situazione politica-economica delle telco in Italia è decisamente instabile e soprattutto storicamente basata sulla dipendenza dalla rete fissa.

Durante la presentazione, Caio ha illustrato le linee principali delle evidenze del rapporto. Enrico Letta, da parte sua, ha più volte ribadito come si attenda dagli operatori anzitutto fedeltà alle promesse: il settore privato deve investire mentre la politica deve monitorare, dopodiché, se ogni promessa sarà mantenuta, il Governo potrà intervenire con ulteriori investimenti laddove la redditività è minore e l’interesse non è tale da motivare ulteriori sforzi di copertura.
Al momento l’ipotesi scorporo suona pertanto più come una minaccia che non come una possibilità concreta: se tutti faranno il loro dovere, il Governo rimarrà fuori dal mercato; in caso contrario dovrà riappropriarsi della rete e fare in modo che gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea siano in un modo o nell’altro raggiunti.

Lo scorporo è l'extrema ratio

Obiettivi europei, obiettivi italiani

Ad una prima occhiata al piano di Caio, ci si accorge subito del tentativo di rispondere agli obiettivi posti dall’agenda europea: copertura totale di banda larga nel 2013, 100% a 30Mbps entro sei anni, e 50% sempre nel 2020 con ultra-larga a 100 Mbps. Ovviamente, tutto deve essere ricalibrato secondo la realtà italiana. Stando però al piano – al quale hanno contribuito la Fondazione Ugo Bordoni, il MISE, la stessa Agcom e i principali gestori – c’è un cauto ottimismo. Secondo Caio, infatti, gli operatori hanno piani concreti per raggiungere l’obiettivo di copertura del 50% circa della popolazione con tecnologia FTTCab/VDSL2 entro il 2017. Altrettanto chiare, però, le statistiche da cui si parte:

Le rilevazioni comparate delle prestazioni di rete collocano la banda erogata nel nostro Paese tra le più basse in Europa e nel Mondo.

Il governo è in campo per monitorare

Sono anche evidenziati gli aspetti critici da risolvere per raggiungere questi obiettivi:

  • Mancano piano operativi dettagliati, per cui il rapporto suggerisce un monitoraggio dei piani degli operatori, degli investimenti messi in campo e della copertura raggiunta anche per eventuali interventi correttivi;
  • L’obiettivo 3 DAE (50% penetrazione 100Mbps al 2020) è una combinazione di sviluppo di piani realizzativi e crescita della domanda. In soldoni: ci vogliono investimenti importanti da parte anche del settore pubblico, nel rispetto delle competenze e indipendenza dell’EU e delle Autorità di Regolamentazione (AGCOM e Antitrust). Quindi, si suggerisce l’utilizzo dei Fondi Strutturali Europei per assicurare a tutta la popolazione l’accesso alla rete a 30 Mbps entro il 2020 considerando un approccio bilanciato tra risorse infrastrutturali fisse, mobili, fisse wireless e anche satellitari. Sul versante del mercato, Caio si dice persuaso che con l’aumento di contenuti audiovisivi sulla rete (Sky River, Mediaset Infinity, Rai) e la diffusione di apparecchiature connesse in rete, la domanda per la connettività a banda ultra larga sia destinata ad aumentare;
  • Il terzo problema è altrettanto grave: il coordinamento, disastroso, tra il piano nazionale e le Regioni per avere accesso a questi fondi. Il piano parla di misure per ottimizzare gli investimenti, comprese la promozione della condivisione di investimenti infrastrutturali nel rispetto delle norme per gli aiuti di Stato e della concorrenza e iniziative per aumentare la disponibilità di spettro radio. Sulle frequenze radio, l’analisi è identica a quella fatta da Nicita: considerando l’assenza di reti per la televisione via cavo, la rete radio è la sola infrastruttura alternativa alla rete fissa di telecomunicazioni. Gli sviluppi tecnologici e la crescente diffusione rafforzeranno ulteriormente il suo ruolo.

Le reazioni

Ovviamente l’hashtag #agendadigitale sta diventando trend topic, e aggrega l’importante flusso di commenti e valutazioni di questo atteso documento.

Si nota un po’ di delusione, peraltro del tutto comprensibile visto che si tratta di un piano del costo di circa 13 miliardi di euro nel quale non è affatto chiaro né scontato che si possa attuare. Tuttavia, il piano ha una rilevanza diversa: serviva e servirà a definire nero su bianco obiettivi e strategie, che l’indagine congiunta Agcom-Antitrust arricchirà sul versante della concorrenza del mercato.

Tanto il Governo, quanto Francesco Caio, vogliono guardare alla situazione più in termini di potenziale che non in termini di ritardo. Se il ritardo è conclamato, infatti, le potenzialità sono ancora tutte su un tavolo che necessita soltanto di denaro per poter avviare i lavori. Chiuso il gap con la prima generazione della banda larga, infatti, se ne è aperto uno abnorme con gli investimenti nella banda di prossima generazione, il che lascia ora forti opportunità di crescita da cogliere. L’obiettivo è il seguente e secondo Letta gli studi sono ora terminati: «ora bisogna agire». Ma anche questo è un mantra che i digital divisi del nostro paese sentono ormai da troppo tempo.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti