Si stringe la morsa sugli spammer

Dalle finte e-mail per gli aiuti alle nazioni colpite dallo Tsunami alla pornografia via posta elettronica. Organi di giustizia e provider stringono d'assedio chi invia mail spazzatura.
Dalle finte e-mail per gli aiuti alle nazioni colpite dallo Tsunami alla pornografia via posta elettronica. Organi di giustizia e provider stringono d'assedio chi invia mail spazzatura.

C’è chi inviava e-mail per richiedere false donazioni per le popolazioni colpite dallo Tsunami e chi utilizzava la posta elettronica per veicolare messaggi pornografici senza rendere esplicito il loro contenuto. C’è anche chi, da regolare studente di un college texano, aveva messo su una vera e propria industria, con tanto di società registrate e regolare attività di invio di milioni di messaggi di spam.

In pochi giorni la cronaca dagli Stati Uniti ci racconta di azioni dei più diversi organi di giustizia per mettere a freno uno dei maggiori business e una delle massime frodi presenti sulla rete Internet. Lo spam è diventato un vero problema, non solo per la violazione delle garanzie dei consumatori e dei navigatori, ma anche per la sostenibilità dei servizi e-mail, letteralmente bombardati da messaggi spazzatura. Nulla sembrava fermarlo sinora, ma ad un anno dalla sua approvazione, il Controlling the Assault of Non-Solicited Pornography and Marketing Act (CAN-SPAM) inizia a far apprezzare i primi effetti.

La legge statunitense, in vigore dal primo gennaio 2004, è molto restrittiva ma sinora non è risultata efficace per contenere l’invio di spam, cresciuto, secondo varie rilevazioni, dal 75 all’80 per cento dal 2003 al 2004. Secondo alcune delle norme: non si possono inviare e-mail pubblicitarie da un indirizzo elettronico fasullo, è necessario inserire in evidenza il link per la cancellazione e se il contenuto dell’e-mail è materiale pubblicitario bisogna chiaramente indicarlo. Anche le e-mail a contenuto sessuale devono essere regolamentate: nel soggetto deve comparire a chiare lettere l’indicazione “SEXUALLY EXPLICIT” per permettere ai programmi di filtro di cestinarla in automatico.

Proprio per la violazione di questa ultima norma sono state costrette alla chiusura dalla Federal Trade Commission statunitense ben 6 compagnie che utilizzavano circa venti siti per inviare materiale pornografico senza indicarlo con chiarezza. Le compagnie, che avevano sede negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Latvia, ora rischiano una multa che può arrivare sino a 500 mila dollari (ca. 380 mila euro).

Le sei compagnie sono state individuate grazie alla denuncia di normali utenti che hanno segnalato alle autorità il materiale ricevuto. Ma anche i maggiori provider di servizi di e-mail sono sul piede di guerra. Microsoft e Yahoo! in testa. L’azienda di Redmond, che controlla i servizi Hotmail e MSN, ha denunciato e fatto porre sotto accusa nei giorni scorsi il quarto gruppo di “spammatori” mondiale, così definito dal “Registro di spammer conosciuti”, noto sotto il nome di ROKSO. Tra i gestori del servizio interrotto, che è costato a Microsoft 24 mila e-mail indesiderate, anche uno studente dell’Università del Texas.

Non sono solo le grandi società di Marketing a finire nella trappola dello spam. Nella rete capitano anche semplici utenti che usano la posta elettronica per racimolare soldi con cui pagare i danni della propria automobile. Così si è infatti giustificato un uomo di Pittsburgh, arrestato lo scorso giovedì per avere inviato 800 mila e-mail con cui chiedeva un falso contributo per le popolazioni asiatiche sconvolte dal terremoto dello scorso 26 dicembre. Nella mail era collegato anche un indirizzo di PayPal su cui finivano i soldi degli ignari e generosi donatori. Un conto che al momento dell’arresto, anche grazie alla massiccia opera d’informazione sulle possibili truffe, conteneva solo 150 dollari.

In Italia sarebbero possibili azioni del genere? Sebbene il nostro paese sia scelto solo marginalmente come base per gli invii di posta indesiderata, una nota del Garante per la privacy dello scorso settembre 2003 ha reso esplicito che chi spamma, nel nostro paese, rischia anche, nei casi più gravi, la reclusione. L’Italia è stata infatti una delle prime nazioni ad avere introdotto la Direttiva Europea sulla privacy e sulla comunicazioni digitali (2002/58/EC) che fissa l’indirizzo in materia per tutte le nazioni dell’Unione. In questa direttiva, i dati personali, tra cui l’indirizzo di posta elettronica, sono considerati alla stregua dei diritti umani e delle libertà personali e come tali vanno trattati.

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