Mr. smartphone sono necessarie queste fotocamere?

Due, tre, quattro, persino cinque fotocamere sul retro dei nostri smartphone che, a conti fatti, non servono se non a vendere di più.
Due, tre, quattro, persino cinque fotocamere sul retro dei nostri smartphone che, a conti fatti, non servono se non a vendere di più.

I produttori di smartphone sono perennemente in corsa per attirare gli appassionati di fotografia aggiungendo più sensori possibili ai loro telefoni. È stata HTC ad avviare la tendenza nel lontano 2011 quando ha introdotto il primo cellulare dual-camera. Sette anni dopo, Huawei ha lanciato il suo P20 Pro con tre fotocamere, Samsung il Galaxy A9 con quattro telecamere e ancora Huawei, quest’anno, con il P30 Pro dotato pure di sensore posteriore ToF, per tracciare le scene in 3D. Tutto qui? No: Nokia 9 PureView ne ha addirittura cinque, piazzate in maniera circolare sul retro, che somiglia sempre più a un mostro marino, peggio di un polipo. Siamo seri? Purtroppo si.

Davvero nel 2019 non si riesce a migliorare il singolo sensore così da mantenere un aspetto degno invece di continuare ad aumentare il numero di fotocamere su questi poveri oggetti hi-tech? La credenza è che più camere riescano ad offrire vantaggi tangibili e funzionalità ulteriori. Vero, verissimo, ma fino a un certo punto. Google, ad esempio, ha lasciato a bordo del suo recente Pixel 3 XL un’ottica singola che, sfruttando il software di intelligenza artificiale, è comunque capace di scattare immagini di qualità, beneficiando persino dello Zoom Super Res, dell’HDR+ per acquisire più fotogrammi, dell’effetto bokeh.

Secondo Big Google, le foto scattate con lo zoom Super Res equivalgono a quelle ottenute con smartphone che consentono uno zoom ottico 2x, teoricamente possibile solo con almeno una configurazione a due lenti. Allo stesso modo, per generare bokeh con una maggiore profondità di campo, il Pixel utilizza la funzione di autofocus dual-pixel, piazzata in un sensore mono, in grado di scattare due frame da sinistra e destra unendoli per creare una percezione di profondità. A conti fatti, i risultati portati dai Pixel sono molto più interessanti, in termini di sviluppi ulteriori, di quanto facciano le controparti poggiate molto di più sulle innovazioni hardware, necessarie e lungimiranti ma non sempre così rivoluzionarie.

Ora, diciamola per bene, le cinque fotocamere del Nokia 9 non sono quelle del Pixel e nemmeno le due dell’iPhone XS Max ma il punto è: ne abbiamo davvero bisogno? Una delle caratteristiche più “vendute” del terminale di HMD è l’opzione di poter spostare il focus dopo lo scatto, un concetto di cui si parla da anni e che non può rappresentare un differenziale per l’acquisto.

Si può dire che questa aggiunta di più telecamere in un telefono non sia guidata, nella maggior parte dei casi, dal desiderio di offrire ai consumatori qualcosa di unico. È invece spinta dal motto del marketing “più è meglio”. Sensori extra sono un esercizio di stile, qualcosa che oramai concerne i designer e poco più. Siamo sempre lì: che me ne faccio di una foto da 20 MB quando devo tenerla sul telefonino? Cosa quando i social dovranno pur sempre comprimere le informazioni? Ci sono decine di app che oramai permettono di modificare gli scatti aggiungendo effetti vari, persino quello di sfocatura. Non vale la pena sbattersi così tanto, sinceramente.

Come consumatore, quello che voglio dal mio telefono non è che ci siano quattro occhi, ma due fantastiche fotocamere che permettano di catturare splendidi tramonti e un bel selfie. Megapixel, numero di sensori, IA, sono keyword che significano non molto. Un pronostico? Quando il software, con un pizzico di machine learning, sarà migliore di quanto lo è oggi, vedremo sparire tutte queste fotocamere dal retro dei nostri cellulari. Ne basteranno un paio, già tre saranno troppe, il resto sarà lavoro computazionale svolto dagli algoritmi. “Less is better“, diceva qualcuno, ed è a quel better che puntiamo.

Allora #buongiornouncaffo

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