La querelle della rassegna stampa online

La rete si divide sulla eliminazione della rassegne stampa online della Camera: censura o protezione del copyright?
La rete si divide sulla eliminazione della rassegne stampa online della Camera: censura o protezione del copyright?

Censura o non censura? L’eliminazione della rassegna stampa online della Camera, uno degli appuntamenti di informazione gratuita più conosciuti e apprezzati dalla rete, sta scatenando molte polemiche. Era prevedibile: togliete un contenuto gratuito, di qualunque tipo, e il Web si dividerà immediatamente tra detentori di diritti all’apparenza incompatibili: la proprietà intellettuale contro la libertà di informazione.

La pressione della Federazione Italiana degli Editori per smantellare questa tradizionale rassegna in pdf degli articoli di maggior interesse che le istituzioni come Camera e Senato, da anni, proponevano in rete nella stessa medesima forma delle “mazzette” giornaliere, non è piaciuta affatto, ma molti invece la considerano una decisione giusta: proteggere i contenuti significa proteggere anche chi li produce.

Da una parte e dall’altra, dallo scorso 13 aprile, si scontrano le due correnti di pensiero tramite gli hashtag che hanno reso trend topic argomenti che si sarebbe creduto meno sentiti: #rassegnalibera, #nocensurarassegneweb, #rassegne molti i thread che hanno visto protagonisti eminenti giornalisti come Gianni Riotta – sorprendentemente dalla parte delle rassegne online – o Claudio Giua, che invece è convinto che a furia di pretendere tutto gratuito alla fine non resterà un bel niente.

Sull’argomento si è speso persino il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha twittato un’affermazione che pare aver aperto la strada alle trattative:

Il compromesso a cui si sta lavorando, infatti, parte da questi pressupposti. Il servizio web non è un diritto, com’è ovvio, ma è un prezioso contributo all’informazione attraverso una modalità tipica delle rassegne comunque limitata: la rassegna non comprende i quotidiani nella loro interezza, li riproduce in bianco e nero, non ne permette la stampa. Inoltre, come molti twitterer hanno sottilmente fatto notare, non c’è praticamente editore che non prenda soldi pubblici dallo Stato. Quindi, si può considerare una forma di restituzione.

D’altra parte, la rassegna permette davvero di crearsi una propria edicola di giornali online (e chissà se sia un caso oppure no questa eliminazione a pochi giorni dalla notizia di Edicola Italiana) senza sborsare un euro, basta una connessione e un pdf reader. La rassegna si può addirittura scaricare e leggere offline con calma, ed essendo ripulita dalle inserzioni è tutta informazione pura, senza fronzoli.

Per uscire da questo impaccio, una soluzione potrebbe essere proprio quella di mantenere le inserzioni pubblicitarie in questa rassegna, di modo che l’editore possa a sua volta mettere all’attenzione degli inserzionisti questa vetrina e recuperare – teoricamente – il mancato guadagno da mancate vendite di abbonamenti online con i maggiori introiti per il valore singolo della pubblicità per pagina.

Funzionerà? L’oscuramento sarà soltanto una brutta parentesi prima di una revisione del servizio? Forse, per capire meglio, e magari limitare, i confini di questo dibattito vale la pena considerare le parole di Mario Tedeschini, che dal suo blog così commenta:

Molti nelle polemiche di questi giorni hanno criticato l’iniziativa degli editori riproponendo l’antica contrapposizione tra “giornalismo web” e “giornalismo tradizionale”, dove “il web” sarebbero le rassegne pubblicate online. Sarà bene o sarà male, ma pubblicare online le rassegne stampa NON è giornalismo web, è quanto di più lontano dal giornalismo web, è – per l’appunto – giornalismo “di carta”, pubblicato sul web. Non c’entra la “curation”, non c’entra la link economy, non c’entra il social sharing, non c’entra l’utile commistione tra produttori e consumatori di informazioni. Sono solo fotocopie.

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