Crescita digitale: la strategia del governo

Pubblicato il dossier di quasi cento pagine col quale palazzo Chigi comunica a Bruxelles le sue strategie sul digitale da oggi al 2020.
Pubblicato il dossier di quasi cento pagine col quale palazzo Chigi comunica a Bruxelles le sue strategie sul digitale da oggi al 2020.

Il governo ha inviato nei giorni scorsi gli accordi di partenariato con la Commissione Europea. L’Italia deve stabilire tutto il ciclo di programmazione del 2014-2020 in tutti gli ambiti, con un particolare focus sulla crescita inclusiva, intelligente e sostenibile del programma europeo. Degli 11 obiettivi tematici ce ne sono almeno sei che toccano l’agenda digitale italiana. Per questo motivo è stato prodotto un dossier specifico sulla strategia della crescita digitale: 97 pagine che sono l’agenda dei prossimi anni per l’Agenzia per l’Italia digitale.

Il lungo dossier del governo (pdf) racchiude tutti gli obiettivi e le tecniche che la policy sull’agenda digitale intende mettere in campo, sviluppando e portando in un ambito più praticabile gli interventi immaginati nelle linee guida che l’Agid ha ereditato lo scorso aprile. Un confronto tra il dossier spedito a Bruxelles e la strategia ex decreto crescita 2.0 chiarisce subito la differenza: ora c’è l’occasione dei fondi europei del nuovo settennato e un’agenzia che finalmente comincia a camminare.

Digital first

Impossibile riassumere in un articolo tutto quando spiegato nel documento, ma il concetto cardine è il digital first, cioè non si vuole più digitalizzare l’esistente, bensì considerare il digitale motore di crescita e innovazione che permea i nuovi servizi e anche la modernizzazione e la riforma della pubblica amministrazione. Digitale come leva e come pietra angolare, insieme. In che modo? La strategia individuata dal governo prevede di concentrarsi, com’è noto, su tre grandi obiettivi: l’identità digitale; le competenze digitali; la smart competition nel pubblico e nel privato.

Quando si parla di agenda digitale in Italia si devono considerare tanti aspetti sociologici ed economici. La condizione del paese non è quella di un perenne ritardo su tutto, ma di una dicotomia molto forte tra territori (specialmente nord-su), tra disponibilità ai servizi e loro reale accesso rispetto a titolo di studio o tipo di tecnologia adoperata.

Quando si parla di agenda digitale in Italia si devono considerare tanti aspetti sociologici ed economici. La condizione del paese non è quella di un perenne ritardo su tutto, ma di una dicotomia molto forte tra territori (specialmente nord-su), tra disponibilità ai servizi e loro reale accesso rispetto a titolo di studio o tipo di tecnologia adoperata.

Nel primo caso, il cosiddetto Spid (servizio pubblico di identità digitale) e l’anagrafe digitale vogliono garantire accesso sicuro ai servizi elettronici delle pa e cambiare il paradigma del rapporto cittadino-Stato. Sulle competenze, le statistiche sono impietose: 4 italiani su dieci di fatto sono digitalmente esclusi e la mancanza di competenze informatiche basilari si fa sentire molto anche nel comparto dell’artigianato e delle Pmi, con effetti deleteri sull’economia. La crescita passa ovviamente anche da una profonda trasformazione dell’architettura stessa delle città, delle infrastrutture, dei servizi: ci vuole una iniezione di innovazione tecnologica che elimini per sempre la vecchia separazione tra materiale e immateriale (tema anche del recente Internet festival di Pisa) e faccia del paese un luogo complessivamente più moderno.

Chi lo deve fare e come

Sarà l’Agid a coordinare tutto quando servirà per arrivare a questo risultato. Non facile, se si considera che si sta parlando di programmazione di spesa pubblica, di diffusione della cultura digitale, di modernizzazione della pubblica amministrazione, definendo insieme a tutti i partner (ad esempio le regioni) degli standard nazionali. L’obiettivo vero è uno solo: aumentare il Pil, le modalità però sono enormemente complesse perché basate su una strategia dinamica che vede nel digitale un promotore di sviluppo sociale. La roadmap non potrebbe essere più seria di così, visto che per ogni ambito si trovano responsabili, stakeholder, livello di attuazione, tempistica prevista e persino eventuali scenari alternativi e calcolo dei benefici. Eppure difficoltà e ritardi non mancano e lo storico dei fallimenti fa tremare i polsi.

La nuova dirigente dell’Agid, Alessandra Poggiani, l’ha più volte ribadito: l’elenco dei ritardi e dei problemi ormai non fa più notizia, mentre un passo alla volta è bene cercare di raccontare come l’Italia abbia comunque fatto molto nell’ingresso all’innovazione digitale, che di una policy avrà certamente bisogno, ma si instaura anche per sua natura e con effetti già visibili.

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