Gli USA alla crociata dello spam

Si è appena concluso lo Spam Forum organizzato dalla Federal Trade Commission. La parola d'ordine è Tolleranza Zero contro lo spam. Ma un inasprimento delle pene potrebbe non servire.
Si è appena concluso lo Spam Forum organizzato dalla Federal Trade Commission. La parola d'ordine è Tolleranza Zero contro lo spam. Ma un inasprimento delle pene potrebbe non servire.

«Le cose stanno peggio di quanto immaginavamo. È chiaro che il problema ha raggiunto l’apice. Se non saranno messi in campo miglioramenti da parte dei tecnici, dei provider e anche dei legislatori, il sistema di posta elettronica rischia di soccombere» Con queste parole Eileen Harrington, direttrice per le pratiche di marketing presso la FTC (Federal Trade Commission), ha lanciato l’allarme che è stato il filo conduttore dello Spam Forum organizzato dalla Commissione per il Commercio del Congresso USA: lo spam rischia di uccidere l’e-mail.

Il Forum, tenutosi a Washington tra il 30 aprile e il 2 maggio, non ha fatto che confermare una tendenza già evidente da tempo: la posta spazzatura è ad un passo dal raggiungere la maggioranza della posta elettronica scambiata nel mondo; su 10 e-mail ricevute, dicono le statistiche, 5 sono spam. Un peso ormai intollerabile per i navigatori, per i provider e per l’affidabilità stessa della posta elettronica come mezzo di comunicazione interpersonale o professionale.

Gli Stati Uniti hanno pertanto deciso di dotarsi di una normativa federale che si sovrapponga alle legislazioni dei singoli stati, ritenute ormai insufficienti. Ciò proprio mentre uno dei membri della Federazione, la Virginia, emana la legge più dura sulla materia: fino a 5 anni di carcere ed una multa proporzionale al danno per chi invia più di 10 mila messaggi non richieste in un giorno. La legge federale dovrebbe essere appena più mite, articolandosi su tre livelli: prima un semplice avvertimento, poi una multa di 5 mila dollari al giorno, infine il carcere (due anni di detenzione al massimo).

«Se qualcuno verrà condannato al carcere e ad una multa pesante, sarà un deterrente», ha auspicato Mark Warner, governatore della Virginia. Ma è proprio su questo, sugli effetti deterrenti di una legislazione repressiva, che si concentrano i dubbi maggiori. Il rischio è che, al di là di qualche condanna esemplare, il problema dello spam resti irrisolto.

È vero che, a chiedere l’intervento del governo USA sono stati gli stessi Internet service provider, per i quali lo spam sta diventando un serio problema finanziario. Eppure l’unica via concreta per risolvere il problema resta quella tecnologica. È irreale immaginare processi a tappeto, se non altro per l’abilità degli spammer nel rendersi anonimi utilizzando, ad esempio, gli Open proxy, web server vulnerabili che permettono di camuffare i mittenti delle e-mail. Gli spammer vanno dunque combattuti sul loro stesso terreno, sviluppando tecnologie, sul versante client come su quello server, che neutralizzino la posta indesiderata.

Tutto questo, con la consapevolezza che la battaglia è dura e la guerra probabilmente non sarà mai vinta del tutto; certamente non in tempi brevi. È comprensibile lo sconforto di chi, come America Online, riesce a bloccare 1 miliardo di e-mail indesiderate in un solo giorno, ma non può evitare che i suoi clienti siano inondati dallo spam restante, che in un modo o nell’altro sfugge ai suoi filtri. Il mese scorso, AOL si è unita a Microsoft e a Yahoo! per sviluppare una strategia comune contro lo spam. È l’unica strada percorribile; speriamo sia seguita anche dai provider europei.

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