Collaborazioni occasionali, scopriamone qualcosa di più

Tra le numerose possibilità di offrire una prestazione professionale, analizziamo oggi la collaborazione occasionale.

Il primo requisito perchè una prestazione possa essere definita, appunto, come occasionale è la mancanza di continuità e coordinazione. Insomma, qualora ci si trovi a svolgere quel lavoro ogni giorno continuativamente per più di un mese, esso perderebbe quel carattere di saltuarietà.

Infatti, la durata massima della collaborazione occasionale non può superare i 30 giorni e, soprattutto, al suo termine non può essere corrisposta una retribuzione superiore ai 5.000 euro. Eccedere tale cifra vuol dire sconfinare nella legislazione inerente al Contratto a Progetto.

Caratteristica fondamentale è la libertà, salvo accordi specifici, da parte del lavoratore nel poter organizzare i propri compiti negli orari da lui ritenuti più idonei.

Non vi è nessuna forma obbligatoria per il contratto, anche se richiedere la trascrizione di durata della collaborazione e compenso netto non sarebbe poi così sbagliato.

Fiscalmente, il lavoratore occasionale è soggetto a una ritenuta d’acconto del 20%, mentre non sono previsti obblighi contributivi, almeno sino a quando la retribuzione non supera i famosi 5.000 euro.

Quanto analizzato sino a ora viene, naturalmente, trattato in maniera più approfondita e tecnica dalla legge. Queste le normative utili:

  • Legge 30/2003: delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro;
  • DLgs 276/2003: attuazione delle deleghe in materia di occupazione e lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003 n. 30;
  • Circolare 1/2004.

Non resta che guardarsi intorno, consci di poter “arrotondare” ogni tanto le proprie finanze con una collaborazione occasionale.

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