Pearson e Bertelsmann, patto per gli ebook

Penguin e Random House si fondono in una joint venture, un colosso dell'editoria che guarda al futuro digitale.
Penguin e Random House si fondono in una joint venture, un colosso dell'editoria che guarda al futuro digitale.

Nasce ed è già più grande di tutti. I giganti dell’editoria Pearson e Bertelsmann hanno deciso di unirsi e creare, con i titoli delle loro rispettive case editrici più note, Penguin e Random House, la Penguin Random House, per risparmiare sui costi comuni e investire cifre importanti nel digitale per creare una piattaforma editoriale che non tema nessuno nel mondo della produzione in lingua inglese.

Secondo i termini dell’accordo, comunicato alle agenzie e sui siti ufficiali delle due società, Bertelsmann deterrà il 53% della nuova società e Pearson il 47%; il primo continuerà ad avere l’esclusiva sul mercato tedesco mentre Pearson quella sul materiale educativo sul mercato mondiale. Accordo perfetto, di semplice trasferimento, anche sull’organigramma: John Makinson, attualmente presidente e amministratore delegato di Penguin, sarà il presidente di Penguin Random House e Markus Dohle, attualmente amministratore delegato della Random House, sarà l’amministratore delegato.

Questo il loro commento:

Il successo editoriale e commerciale di Penguin e Random House può essere meglio sostenuto e valorizzato attraverso una partnership con un’altra grande casa editrice internazionale. L’organizzazione avrà una piattaforma più forte e maggiori risorse per investire in contenuti di qualità, nuovi modelli per l’editoria digitale e i mercati emergenti. La joint venture genererà sinergie di risorse condivise, come magazzino, distribuzione, stampa. Pearson e Bertelsmann ritengono che questo modello supererà l’investimento totale di Penguin e Random House in nuovi autori e prodotti come case editrici indipendenti.

Nel complesso, si parla di due colossi che fatturano insieme poco meno di tre miliardi di euro e hanno utili dell’ordine di centinaia di milioni. Una mossa che sembra rispondere a due fattori diversi: da un lato, la crisi economica, e – abbiamo visto con le politiche contro Google News – il nuovo movimento che vede gli editori cercare di fare massa critica; dall’altro, le opportunità straordinarie fornite dagli ebook, che gli editori sentono sfuggire di mano a causa della forza contrattuale dei distributori come Amazon o Apple, oppure per complicate questioni fiscali.

In pratica, la fortissima crescita degli store online e dei supermercati ha messo in discussione la sopravvivenza delle catene di librerie specializzate (una realtà storica soprattutto negli Usa) e le librerie indipendenti, lasciando agli editori la contrattazione ma non più lo scaffale per vendere i loro prodotti. Nel frattempo, la rapida crescita dei libri elettronici ha spinto i prezzi verso il basso, grattando anche la voce contrattazione, senza parlare del fenomeno dell’autopubblicazione e delle copie pirata.

Da qui la mossa, che crea un “mostro” che rappresenta da solo un quarto di tutti i libri in inglese venduti nel mondo. Tanto che qualcuno si chiede se non interverrà l’antritrust o qualche organismo di controllo della Borsa, magari pungolato dalla Hachette o altri editori.

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