Facebook: accordo vicino su storie sponsorizzate

Approvato in via preliminare l'accordo tra il social network e la class-action di utenti che si sono ritrovati testimonial senza il loro consenso.
Approvato in via preliminare l'accordo tra il social network e la class-action di utenti che si sono ritrovati testimonial senza il loro consenso.

La class action contro Facebook per le storie sponsorizzate potrebbe essere vicina a una chiusura, con un indennizzo per gli utenti e uno strumento per evitare in futuro incidenti simili. L’accordo preliminare (PDF) tra Big F e gli avvocati dei querelanti è stato accolto positivamente dal giudice distrettuale Richard Seeborg chiamato a dirimere la questione: 10 dollari a utente per un totale di circa 20 milioni di dollari, ma ad essere costante è la cifra messa a disposizione da Palo Alto, quindi in caso si presentassero più di due milioni di utenti danneggiati la cifra per ciascuno si ridurrebbe.

La vicenda è nota: alcuni mesi fa, alcuni utenti si sono ritrovati citati dentro le storie sponsorizzate, una forma abbastanza controversa di pubblicità online che si basa sul concetto per cui il miglior testimonial di un dato prodotto è il like di un tuo amico sul social. Una forma di marketing già aggressiva, ma limitata alla colonna destra del sito. Fino a quando, senza una buona spiegazione, queste storie hanno cominciato ad apparire anche nel feed delle Notizie, nella parte centrale. Un po’ come i tweet sponsorizzati, direttamente nel flusso.

La ragione è che Facebook aveva permesso all’inserzionista (e qui sta l’inghippo, perché nella sezione del trattamento dati non viene chiarito a sufficienza e c’è una contraddizione con altri meccanismi di privacy) di utilizzare il dato per creare un post pubblicitario e non solo per godere della pubblicità nella colonna destra.

Facebook, con questo accordo, ammette nella sostanza di non aver ideato un meccanismo di out-opt, un’opzione che permettesse all’utente di conoscere l’uso di terze parti del suo like a un prodotto presente sul social. E pagando una piccola somma all’utente ne riconosce il danno arrecato: essere stati trasformati loro malgrado in veicoli pubblicitari, come nel caso clamoroso dell’americano che si ritrovò a pubblicizzare una mega offerta da 200 litri di lubrificante sessuale il giorno di San Valentino, quasi rischiando il divorzio.

Ci vorranno tuttavia ancora sei mesi prima che l’accordo diventi operativo. Nel frattempo, c’è chi dubita fortemente che l’advertising su Facebook piaccia agli utenti così com’è, e l’ironia sta nel fatto che probabilmente non piace neppure alla società californiana, anche se per ragioni diverse.

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