Google, storica vittoria nel nome del "fair use"

Google mette a segno una vittoria storica al termine di una battaglia legale durata, non senza alti e bassi, per circa 8 anni. Era il settembre del 2005 quando la Authors Guild (organizzazione rappresentante gli autori USA) depositava la propria denuncia contro quello che allora era denominato Google Print (il caso si è in seguito esteso a Google Library, oggi Google Books): ora, novembre 2013, la causa si chiude attribuendo a Google la ragione e sancendo una svolta storica nel settore librario.

La sentenza del giudice Denny Chin, infatti, si appella al “fair use” e considera pertanto equo ed accettabile il comportamento di Google nei confronti degli autori. Il giudice, insomma, ha stabilito che l’opera di data mining di Google sui libri scannerizzati nelle biblioteche debba considerarsi trasformativo e non lesivo dei diritti degli autori. Google, nel proprio lavoro di scansione delle pagine per la trasformazione in digitale e la reperibilità sul motore di ricerca, ha dunque operato nell’interesse collettivo senza arrecare danno agli autori. I quali, quindi, non potranno più pretendere da Google gli alti compensi a cui ritenevano di avere diritto.

Il problema originario era relativo al fatto che Google, tramite la scansione dei libri nelle biblioteche, andava ad impossessarsi di contenuti sotto copyright. Google prometteva agli autori un vantaggio importante: avrebbe ridato vita a volumi da tempo fuori dal circolo delle pubblicazioni, donando vigore alla circolazione del sapere ed agendo di fatto anche a vantaggio degli autori stessi; gli autori per contro giudicavano non appropriati i termini degli accordi e ritenevano l’operazione vantaggiosa per Google ma lesiva per i diritti di proprietà intellettuale.

Il caso ha raggiunto l’attuale acredine soprattutto in relazione ai libri accreditati ad autori irreperibili: la difficoltà nel gestire il copyright in questi casi aveva portato ad aggravarsi lo scontro tra le parti dopo che vari tentativi di accordo erano stati messi in piedi per fugare class action e rischi ulteriori. I libri orfani sono rimasti al centro della contesa per anni, senza che Google e Author Guild riuscissero mai a raggiungere un compromesso di mutua soddisfazione. Dopo vari ultimatum ed una moltitudine di tentativi andati a vuoto, il giudice Denny Chin ha infine firmato la propria sentenza:

Dal mio punto di vista, Google Books offre molti benefici pubblici. Consente il progresso delle arti e della scienza, ed al tempo stesso rispetta i diritti degli autori e della creatività, senza impattare negativamente sui detentori di copyright. È diventato uno strumento di ricerca che permette a studenti, insegnanti, bibliotecari e altri di identificare e localizzare con maggior efficienza i libri. Ha dato agli studenti la possibilità, per la prima volta, di condurre ricerche full-text su milioni di libri. Preserva i libri, in particolari quelli vecchi e non più pubblicati che sono dimenticati nelle biblioteche, e dona loro nuova vita.

Così è stabilito. Ed è una sentenza che fa la storia, perché disegna un nuovo confine nella transazione dal cartaceo al digitale, creando un ponte tra i due mondi per rendere più raggiungibile e viva la trasmissione del sapere dalle generazioni del passato verso le generazioni future. Google mette la propria bandierina su questo ponte, stralcia una possibile sanzione miliardaria che sarebbe potuta scaturire dal caso e guarda al futuro di Google Books con rinnovato ottimismo.

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