Un anno di Enjoy: l'alba della sharing economy

Un anno di Enjoy ha evidenziato come progetti di questo tipo possono far molto per fare attecchire la sharing economy anche in Italia, tra gli italiani.
Un anno di Enjoy ha evidenziato come progetti di questo tipo possono far molto per fare attecchire la sharing economy anche in Italia, tra gli italiani.

Un anno fa iniziavano a girare tra le strade di Milano le Fiat 500 rosse di Enjoy. La presentazione avvenne il 16 dicembre, l’avvio ufficiale alcuni giorni più tardi e in queste ore i primi chilometri iniziavano a essere macinati per mettere alla prova le app, i sistemi di autenticazione e tutto quanto necessario per far funzionare a dovere il sistema. Un anno più tardi Enjoy è una realtà consolidata che, dopo la parentesi estiva di Rimini, ha iniziato a fluire anche tra le arterie stradali di Roma prima e Firenze poi.

Enjoy non è certo il primo fenomeno di car sharing in Italia, anzi. Tuttavia il suo ruolo è unico e forte poiché non nasce come semplice realtà locale isolata. Fin dalla prima ora, infatti, è stato chiaro il quadro generale a cui Eni si è ispirata per il proprio progetto: non uno strumento con cui creare piccole bolle di mobilità condivisa, ma una realtà integrata che vuol ridisegnare in modo organico la mobilità nel nostro paese. Non a caso il progetto nasce ad esempio con la partnership di Trenitalia: Enjoy intende configurarsi anche e soprattutto come una estensione cittadina del percorso dei pendolari su binario, così che un viaggiatore possa partire da una stazione, scendere in un’altra e quindi proseguire il proprio percorso su una Fiat 500 rossa.

L’arrivo di Enjoy, con tutto il carico di promozione di cui può farsi carico una realtà come Eni, rappresenta quindi per l’Italia una vera e propria scintilla: è il momento in cui il fuoco della sharing economy inizia ad attecchire, trova terreno su cui espandersi, forma la cultura per poterne fare domanda di mercato. L’Italia, ove l’idea di proprietà è più forte che non altrove, si trova di fronte una opportunità: rinunciare ai costi del possesso di un’auto per poter accedere ad una rete di condivisione in cui bollo, assicurazione, carburante e parcheggio non fanno più paura. Un passo coraggioso, dunque. Non si tratta del solito sistema basato sulla creazione di un bisogno e sulla proposta di una soluzione: in questo caso c’è un vero e proprio cambio di paradigma da affrontare che, se non fosse accettato dal punto di vista culturale, non troverebbe spazio alcuno.

La scommessa del car sharing odierno è questa ed Enjoy ha tutte le carte per potersi rivelare come la chiave di volta del meccanismo: l’immagine del brand, la forza di Eni, le partnership con Trenitalia e Fiat ed altri elementi ancora si sono rivelati degli utili grimaldelli per scardinare la situazione antecedente e morbidamente avviare decine di migliaia di persone verso la nuova dimensione della mobilità condivisa. Anche attraverso un simpatico regalo di Natale, perché no.

Ed è solo l’inizio: la progressiva estensione del servizio su nuove città, la capillare opera di adattamento nelle singole realtà coinvolte (vedi l’apertura di un nuovo parcheggio dedicato a Villa Borghese a Roma) e la progressiva metabolizzazione dell’idea dal punto di vista culturale saranno i tramiti che faranno del car sharing una realtà sempre più solida e diffusa. Questione di tempo, poiché la rivoluzione deve essere necessariamente morbida, senza strappi. Ma il passo incessante ne ha delineata la forza: il car sharing è qui per rimanere, estendendo poco alla volta il perimetro della propria portata. Città dopo città, persona dopo persona, chilometro dopo chilometro.

 

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