Luna: la prima donna camminerà sul satellite

A cinquant’anni dal passo di Neil Armstrong la Nasa lancia il programma Artemide, che porterà un’astronauta sul satellite, e intanto pensa a Marte.
A cinquant’anni dal passo di Neil Armstrong la Nasa lancia il programma Artemide, che porterà un’astronauta sul satellite, e intanto pensa a Marte.

Cinquant’anni da quel piccolo passo per l’uomo, così grande per l’umanità. Da Apollo 11 e da quel gesto storico di Neil Armstrong – e, neanche mezz’ora dopo, del compagno Buzz Aldrin – è passato mezzo secolo. Negli anni la regolite del nostro satellite è stata calcata da appena dodici persone. Tutti uomini. Tutti militari della Marina o dell’Aeronautica tranne uno.

Oltre alla mitica coppia della storica missione si sarebbero aggiunti nel triennio seguente Pete Conrad e Alan Bean dell’Apollo 12 (il 19 novembre di quell’irripetibile 1969), Alan Shepard ed Edgar Mitchell dell’Apollo 14 – il 5 febbraio di due anni più tardi – David Scott e James Irwin dell’Apollo 15, il 31 luglio dello stesso anno. E ancora: John W. Young e Charles Duke il 21 aprile del 1972 e infine Eugene “Gene” Cernan ed Harrison “Jack” Schmitt – l’unico non militare e autore della celebre foto “Blue Marble” – l’11 dicembre 1972. Da allora nessun uomo è mai tornato sulla Luna: sono trascorsi quasi 48 anni. Schmitt è l’ultimo essere umano ad aver messo piede sul suolo lunare anche se Cernan è l’ultimo ad averne lasciato la superficie. La missione Apollo 17, fra l’altro, è stata anche l’ultima oltre l’orbita terrestre bassa.

Come noto, molto è destinato a cambiare nel prossimo quinquennio. Non solo perché gli Stati Uniti sono impegnati in una nuova corsa al satellite – dopo l’Urss e la Guerra Fredda, è il tempo dei rover e lander cinesi sul lato nascosto della Luna – ma anche perché il percorso per arrivarci è completamente mutato, dall’epoca di JFK. La guida del 43enne e deputato repubblicano Jim Bridenstine, nominato da Donald Trump alla fine del 2017 e confermato dal Senato dopo un aspro tira e molla, ha aperto più che in passato l’agenzia spaziale alle compagnie private, dalle quali per altro la Nasa sta aspettando proposte per i vettori lunari e marziani. Da SpaceX di Elon Musk a Blue Origin di Jeff Bezos, ma sono solo le più note, si è aperta una nuova caccia alla collaborazione per ridisegnare – anche in ottica di minore impatto ambientale e di riutilizzo dei mezzi, con abbattimento dei costi – l’esplorazione spaziale.

Crew Dragon, Blue Moon o come si chiameranno – sempre che la capsula Orion costruita in casa non arrivi prima, sebbene il lanciatore Space Launch System non sia ancora pronto – non riporteranno solo gli uomini, sulla Luna. Ma avranno anche il compito di traghettare la prima astronauta. Lo ha annunciato di recente lo stesso amministratore: “We are going forward the moon to stay”, è stato pubblicato sulla pagina della Nasa. Cioè: “Stiamo tornando sulla Luna per restarci”. Nel nuovo equipaggio di quattro individui, che dovrà partire entro il 2024 pena le ire di Trump che, con l’elezione del 2020, spera di rimanere alla Casa Bianca ed essere dunque il presidente della riconquista, ci sarà un’astronauta.

Il programma, non a caso, si chiamerà Artemide. In una ideale continuità col programma Apollo degli anni Sessanta e primi Settanta l’agenzia ha dunque scelto il nome della divinità greca della caccia, Diana per i romani, identificata anche come una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme a Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante), e sorella gemella del dio del sole. L’Orion, o le altre eventuali capsule spaziali che saranno pronte per i voli di test e poi per quelli umani, dovranno essere in grado di agganciarsi e sganciarsi dal Gateway, sorta di stazione lunare orbitante costruita in collaborazione con molte agenzie spaziali internazionali che costituirà un avamposto permanente e, nei progetti statunitensi, una presenza più o meno costante di astronauti.

Intanto la Nasa starebbe già pensando oltre. Come a cosa? Ovviamente a Marte. Per esempio con la giovanissima Alyssa Carson, una baby astronauta che l’agenzia starebbe già addestrando e che potrebbe far parte del primo equipaggio diretto verso il pianeta rosso, quello della missione Mars One al momento programmata per il 2033. Quando Alyssa, originaria di Baton Rouge, in Louisiana, avrà 32 anni. Ossessionata fin da bambina dallo Spazio, sta lavorando duramente e da molto tempo: segue corsi sulla microgravità e la privazione dell’ossigeno, sta studiando tre lingue alla scuola internazionale della sua città (francese, cinese e spagnolo), si è diplomata all’Advanced Possum Academy – il programma per studenti liceali e universitari rivolto alla ricerca atmosferica e al volo in equipaggio – certificandosi per viaggiare al di fuori dei confini del nostro pianeta e ha frequentato con successo i tre Nasa Space Camp per la preparazione degli astronauti: quello di Huntsville, in Alabama, nel Québec in Canada e a Izmir, in Turchia. “Siamo la generazione di Marte. Insieme faremo qualsiasi cosa” ha detto a migliaia di adolescenti in una recente convention giovanile. Intanto, c’è da riconquistare la Luna. Ma senza dubbio il futuro dello Spazio, almeno in termini di genere, sarà un po’ più equilibrato. Sebbene milioni di chilometri rimangano ancora da volare.

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