Il braccio robotico di Google e le reti neurali

Sfruttando l'IA, l'unità robotica progettata da bigG è in grado di impugnare gli oggetti in modo ottimale, a seconda della loro forma e consistenza.
Sfruttando l'IA, l'unità robotica progettata da bigG è in grado di impugnare gli oggetti in modo ottimale, a seconda della loro forma e consistenza.

Quando si parla di intelligenza artificiale si fa riferimento ad un articolato sistema composto da algoritmi, dati, informazioni e modelli predittivi messi insieme con lo scopo di simulare il processo cognitivo dell’essere umano o, in alcuni casi, per svolgere compiti che richiedono un’elevata potenza di calcolo ed elaborazione. È su tecnologie di questo tipo che si basano, ad esempio, i cervelli che gestiscono un’unità come AlphaGo o l’interpretazione dei comandi vocali su smartphone e tablet.

Nei giorni scorsi il gruppo di Mountain View ha pubblicato un documento (dal titolo “Learning Hand-Eye Coordination for Robotic Grasping with Deep Learning and Large-Scale Data Collection”) in cui illustra i passi in avanti svolti nella progettazione di un braccio robotico che non si limita ad afferrare e spostare gli oggetti indicati, ma lo fa regolando il posizionamento delle proprie “dita” meccaniche tenendo in considerazione variabili come la forma, il materiale di cui è composto l’elemento da prendere e la sua consistenza. Il comportamento è regolato da una rete neurale che a sua volta fonda il proprio apprendimento su una dinamica simile a quella impiegata dai bambini per conoscere il mondo che li circonda: provare, sbagliare, imparare.

Ciò che è possibile osservare nel filmato in streaming qui sopra è il risultato ottenuto dopo circa 800.000 test. Si può vedere l’unità stringere saldamente un parallelepipedo composto da una materia solida e non modellabile, così da non farlo cadere, mentre con una spugna è sufficiente una minima pressione. Ancora, l’IA considera la consistenza dell’oggetto decidendo il posizionamento delle due estremità: se l’oggetto è duro lo circonda completamente, se è morbido basta affondare una parte nel centro e poi stringere l’altra.

Il braccio robotico in questione è anche in grado di stabilire in maniera autonoma se è meglio spostare un elemento prima di provare a raccoglierlo, soprattutto se è circondato da ostacoli o altri impedimenti. Una tecnologia di questo tipo potrebbe trovare un’applicazione pratica in ambito industriale, per la movimentazione delle merci. La si immagini ad esempio integrata su un robot come Atlas, per disporre di un’unità umanoide incredibilmente funzionale.

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