I social network entrano nell'esercito

L'esercito USA ha pubblicato una policy con cui va a regolamentare per la prima volta il diritto di accesso ai social network da parte dei propri membri. Niente più censura, quindi, ma anzi un pieno incoraggiamento all'uso di Facebook, Twitter e omologhi
L'esercito USA ha pubblicato una policy con cui va a regolamentare per la prima volta il diritto di accesso ai social network da parte dei propri membri. Niente più censura, quindi, ma anzi un pieno incoraggiamento all'uso di Facebook, Twitter e omologhi

Il Dipartimento della Difesa USA (DoD) ha pubblicato un documento che, per la prima volta, regola ufficialmente il rapporto tra l’esercito ed i nuovi media. Si tratta di un documento (“Directive-Type Memorandum 09-026“) per certi versi storico poiché non solo indica un maturato rapporto tra gli organismi militari ed i nuovi mezzi di comunicazione, ma istituisce un vero e proprio cambiamento interno all’esercito USA tale per cui la difesa delle comunicazioni interne viene ridefinito e rimodulato attorno a canoni del tutto nuovi.

La grande novità è nel fatto che i singoli appartenenti all’esercito avranno la possibilità di interagire regolarmente con familiari e amici tramite i maggiori social network. Facebook, Twitter, Flickr ed altri, prima d’oggi totalmente tagliati fuori dalle possibilità dei militari, diventano ora qualcosa di accessibile. E non solo: il DoD addirittura incoraggia l’uso degli strumenti “social”, con un cambiamento tanto sorprendente quanto repentino che trasforma ciò che prima era vietato in qualcosa che oggi è addirittura pubblicamente promosso. Un voltafaccia che cambierà le cose in modo radicale e che potrebbe suggerire anche in altri stati un’evoluzione (di per sé inevitabile) nel rapporto con i nuovi strumenti che la Rete mette a disposizione.

Il percorso del Dipartimento è infatti frutto di un’evoluzione del tutto logica. L’esercito, infatti, si è trovato a fare i conti con una continua ed importante fuga di notizie rappresentata dalle involontarie confessioni che i soldati trasmettevano tramite i propri account ed i propri aggiornamenti di status. La sommatoria delle confessioni individuali, infatti, svelavano i programmi dell’esercito, le missioni e l’organizzazione interna in zone calde quali Iraq o Afghanistan. Di fronte a questo pericolo l’esercito ha reagito con forza ed immediatezza opponendo inizialmente l’unica arma disponibile: la censura. Da subito, però, è partito un approfondimento della questione finalizzato ad un intervento più serio e razionale del fenomeno “social”, qualcosa che non impedisse alle truppe una comunicazione forte con i propri affetti e, al tempo stesso, qualcosa che tutelasse le priorità dell’esercito.

L’esito è nella Directive-Type Memorandum 09-026, documento nel quale i social network (o meglio: i “Non-classified Internet Protocol Router Network” – NIPRNET) vengono sì aperti ai membri dell’esercito, ma attribuendo a questi ultimi maggiori responsabilità nei confronti dell’esercito stesso. L’invito, infatti, è quello di «assicurarsi di non inviare alcuna informazione che possa essere considerata classificata, sensibile o che possa mettere i membri dell’esercito o le loro famiglie in pericolo. L’esercito, insomma, evita di censurare dall’alto l’uso delle comunicazioni sociali, ma al tempo stesso rafforza la policy chiedendo ai membri dell’esercito particolare attenzione e consapevolezza nell’uso degli stessi strumenti.

Segno inconfutabile del modo in cui il rapporto con i nuovi media si è evoluto giunge anche dal modo in cui la notizia ha preso piede: tramite un annuncio lanciato su Twitter attraverso l’account di Price Floyd, Principal Deputy Assistant Secretary of Defense for Public Affairs.

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