Kim Dotcom più vicino all'estradizione

Kim Dotcom ha perso alla Corte d'appello una battaglia chiave nella guerra legale contro l'estradizione negli Stati Uniti. Ma non è finita.
Kim Dotcom ha perso alla Corte d'appello una battaglia chiave nella guerra legale contro l'estradizione negli Stati Uniti. Ma non è finita.

Dopo due schermaglie legali in cui l’aveva avuta vinta, Kim Dotcom era sicuro di tenere in pugno la giurisdizione americana in merito al caso Megaupload e all’estradizione. Ma al terzo passaggio ha incassato una sconfitta pesante. La Corte d’appello ha infatti permesso ai legali rappresentanti dell’accusa di presentare un riassunto della documentazione allegata per la richiesta di estradizione. Questo potrebbe accorciare di molto i tempi.

Il team di avvocati di Dotcom aveva puntato tutto sulla richiesta di tempo per vagliare la mole – gigantesca – di carte del processo, le prove dell’accusa di violazione del copyright che hanno portato all’arresto dell’uomo e poi alla sua scarcerazione, con una richiesta di estradizione dalla Nuova Zelanda pendente sul suo capo.

Per contrastare o quantomeno rallentare il processo di estradizione i legali del bizzarro milionario avevano sostenuto di avere il diritto all’accesso completo a tutte le prove raccolte dalla FBI, permesso prima respinto, poi concesso da un giudice. In seconda battuta, l’Alta Corte ha ribadito il concetto.

Lo sgambetto invece è venuto oggi dalla Corte di Appello neozelandese che ha sentenziato come gli accordi di estradizione non contemplano un processo completo con tutte le prove dettagliate – che si dovrà tenere negli Stati Uniti – ma solo la deliberazione in caso si evinca un fumus boni iuris, cioè se le ragioni addotte per la richiesta di estradizione sono valide considerando solo un riassunto della questione.

Questa sentenza cambia tutto, perché ora il governo degli Stati Uniti potrà presentare per conto delle parti lese – i detentori dei diritti – una richiesta con un allegato stringato che un tribunale non impiegherà molto a leggere. Niente registrazioni, nessuna prova dettagliata su Megaupload e le compromettenti comunicazioni tra la società e i proprietari di coyright in merito a riconoscimenti di diritti e convenzioni (punto forte delle prove dell’FBI, anche se alcune di queste sono già state considerate illegali).

Kim Dotcom, che si è sempre rifiutato si andare volontariamente negli Usa per sostenere il processo, ha già dichiarato sul suo blog che andrà alla più alta corte presente nel suo paese, la Corte Suprema della Nuova Zelanda. Gli scenari? Tre: la corte non accetta il ricorso e Dotcom avrà tempo fino ad agosto per preparsi per la prima audizione sulla richiesta di estradizione; il ricorso viene accolto ma Dotcom perde (medesimo risultato, ma la prima udienza verrebbe spostata più in là nel tempo); vince e non verrà estradato. Prima e terza opzione sono improbabili: il vero obiettivo è prendere tempo.

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