Le riforme secondo la consultazione online

Oltre 200 mila i questionari validati della Consultazione pubblica online sulla riforme. Spazio alla democrazia diretta, ma con molte contraddizioni.
Oltre 200 mila i questionari validati della Consultazione pubblica online sulla riforme. Spazio alla democrazia diretta, ma con molte contraddizioni.

Più di duecentomila questionari validati dall’Istat (131.676 testi base e 71.385 di approfondimento), quattro milioni di minuti spesi dai cittadini italiani sul sito partecipa.gov per dire la loro sulle riforme costituzionali più adatte per l’Italia. I numeri della Consultazione pubblica sono di tutto rispetto, i risultati parlano anche della democrazia diretta tramite la Rete.

Si era già capito subito dopo la chiusura che la consultazione aveva registrato un buon successo, sia dal punto di vista del numero di accessi che della qualità complessiva delle interazioni e degli interventi. Il contributo della fondazione AHREF ha certamente aiutato il ministero di Gaetano Quagliariello a produrre un ottimo esempio di partecipazione online, tanto che stamani alla sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio sono intervenute le figure istituzionali come Francesco Caio (Commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale italiana, che un paio d’ore prima è stato al Digital Summit), Francesco Profumo (presidente del Comitato scientifico della Consultazione pubblica ed ex Ministro dell’Istruzione) ma anche il consulente dell’agenda digitale Luca De Biase, che della AHREF è fondatore.

La consultazione che ad oggi è la più partecipata d’Europa era legata ad alcune aree di intervento, che saranno oggetto di una elaborazione sia tecnico-politica che ulteriormente pubblica (nelle scuole, con gli enti) per arrivare a una serie di riforme costituzionali che incontrino le simpatie della popolazione e arrivino nel modo migliore ai passaggi prima parlamentari e poi referendari.

Le statistiche

Tra i dati statistici della consultazione balza all’occhio la trasversalità, tranne che nel genere: hanno compilato il questionario il 66% uomini e il 34% donne. Una partecipazione distribuita equamente invece per quanto riguarda le fasce d’età, i titoli di studio (43% diploma superiore, 32% laurea, 12% dottorato o master, 11% licenza di scuola media inferiore) e le professioni (21% impiegati, 15% pensionati, 14% funzionari, 11% studenti, 8% liberi professionisti). I numeri analizzati mostrano la forte tendenza desktop rispetto alla mobilità e la curiosità verso i questionari con percentuali di rimbalzo piuttosto incoraggianti rispetto alla media.

Le forme preferite

Sulle forme istituzionali preferite dagli italiani la consultazione è in linea con quanto emerso già da tempo in tutti i sondaggi: il superamento del bicameralismo convince sette italiani su dieci, ma ci sono profonde spaccature sulle vie da seguire al parlamentarismo oppure al presidenzialismo, forma che comunque supera di poco le altre, come c’era da attendersi, anche considerando le domande dei questionari.
Insomma, come capita spesso anche se molti cittadini non amano ammetterlo, la società civile rispecchia perfettamente lo stato del Parlamento, dove sembra impossibile trovare un accordo sulle riforme e persino sulle modalità di discussione pubblica. Si nota infatti una contraddizione evidente tra il desiderio di non sprecare (i quesiti referendari, il numero di parlamentari, il tempo di approvazione di una legge, eccetera) e allo stesso tempo di controllare molto di più e consentire la discussione di ogni iniziativa bottom-up. Più facile a dirsi che a farsi.

La democrazia diretta

L’argomento che più interessa la Rete è certamente quello della democrazia diretta. Il dibattito politico italiano è molto caratterizzato da questo scenario per la presenza del Movimento Cinque Stelle – che ha appena presentato il suo sistema di consultazione diretta, sul quale però non sono mancate le critiche, assomigliando un po’ troppo a un forum moderato più che a una piattaforma con poteri legislativi – ma spulciando i dati sembra anche in questo caso impossibile riconoscere una tendenza chiara nell’opinione pubblica. Sui meccanismi per modificare i referendum, ad esempio, è forte la richiesta di migliorare la raccolta firme e il meccanismo del quorum: tutto per evitare di spendere denaro pubblico (da qui anche l’idea che una volta abrogata una legge non debba essere reintrodotta per un numero alto di anni). E anche sui referendum confermativi di natura costituzionale c’è adesione alle regole attuali, molto serie e impegnative. Però poi viene ritenuta altrettanto stimolante l’idea di referendum propositivi e le iniziative popolari dirette, in ben il 92% delle risposte.

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