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Il dibattito sull’effettivo contributo del metano alla mobilità sostenibile si fa sempre più acceso, soprattutto alla luce delle nuove evidenze scientifiche che ne mettono in discussione il ruolo di carburante “pulito”. Ma quanto è davvero vantaggioso questo gas, spesso considerato una soluzione ponte nella transizione energetica? Un’analisi approfondita delle sue implicazioni ambientali rivela una realtà ben più articolata e meno rassicurante di quanto suggerisca la semplice riduzione delle emissioni allo scarico.
Per anni il metano è stato promosso come una delle alternative più promettenti ai carburanti tradizionali, soprattutto per la sua combustione relativamente più pulita e per la minore produzione di anidride carbonica. Tuttavia, il quadro cambia radicalmente quando si considerano le emissioni di metano lungo l’intera filiera produttiva, dall’estrazione di gas naturale fino al consumo finale nei veicoli. Non si tratta solo di una questione quantitativa, ma anche qualitativa: il metano è un gas serra estremamente potente, capace di trattenere il calore nell’atmosfera 84 volte più efficacemente della CO₂ su un orizzonte temporale di vent’anni. Nonostante la sua concentrazione atmosferica sia inferiore rispetto all’anidride carbonica, il suo contributo al riscaldamento globale è tutt’altro che trascurabile.
Le fonti di emissioni di metano sono molteplici. Da un lato esistono sorgenti naturali, come le zone umide e il permafrost in fase di scioglimento, ma è il fattore antropogenico a destare maggiore preoccupazione. L’agricoltura e l’allevamento intensivo rappresentano oltre la metà delle emissioni generate dall’uomo, mentre il settore energetico incide in modo significativo a causa delle perdite che si verificano durante le fasi di estrazione di gas naturale, trasporto e distribuzione.
Una delle problematiche più gravi riguarda proprio le infrastrutture energetiche. Secondo l’International Energy Agency, le emissioni fuggitive di metano provenienti dal comparto energetico potrebbero essere sottostimate fino al 70%. Miniere abbandonate e pozzi non più in uso continuano a rilasciare gas nell’atmosfera senza adeguati sistemi di monitoraggio, rappresentando una minaccia invisibile ma concreta per il clima globale.
Nel settore automotive, il metano ha guadagnato terreno come alternativa più ecologica ai carburanti convenzionali, soprattutto per le sue prestazioni in termini di emissioni di CO₂. Tuttavia, questa prospettiva risulta parziale e rischia di essere fuorviante: se le perdite lungo la catena di produzione e distribuzione non vengono efficacemente contenute, i vantaggi ambientali possono rapidamente svanire, rendendo vano l’impegno verso una mobilità sostenibile.
La tecnologia offre oggi strumenti avanzati per affrontare il problema. L’adozione di sensori di nuova generazione, droni e telecamere a infrarossi consente di rilevare in tempo reale le fughe di metano nelle infrastrutture, permettendo interventi tempestivi e mirati. A livello europeo, la normativa si sta evolvendo verso standard sempre più rigorosi, imponendo controlli frequenti e spingendo l’industria a investire in soluzioni innovative per il monitoraggio e la riduzione delle emissioni di metano.
Anche il comparto agricolo è chiamato a fare la sua parte. Attraverso pratiche di agricoltura di precisione e l’introduzione di additivi specifici nell’alimentazione del bestiame, è possibile ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra generate dalla zootecnia. Parallelamente, una maggiore consapevolezza dei consumatori e un cambiamento nelle abitudini alimentari potrebbero contribuire a diminuire l’impatto ambientale dell’allevamento intensivo.
Per il settore automotive, la sfida non si limita alla progettazione di veicoli con minori emissioni allo scarico. È fondamentale adottare una visione sistemica che tenga conto di tutte le fasi della filiera, dall’estrazione di gas naturale alla distribuzione, fino all’utilizzo finale. Solo così il metano potrà rappresentare un reale progresso verso la mobilità sostenibile, evitando di trasformarsi in un semplice spostamento del problema ambientale da una fase all’altra della catena produttiva.
In conclusione, il ruolo del metano nella transizione energetica richiede un’analisi critica e multidimensionale. Non basta promuoverlo come soluzione temporanea: occorre affrontare con decisione le criticità legate alle emissioni di metano e adottare un approccio integrato che coinvolga tecnologia, regolamentazione e comportamenti individuali. Solo così sarà possibile coniugare innovazione, sostenibilità e reale tutela del clima globale.