Il pagamento delle news tra le norme UE copyright?

Fra le molte proposte del nuovo regolamento europeo sul copyright si nota il tentativo di trovare una soluzione di compromesso per Google News.
Fra le molte proposte del nuovo regolamento europeo sul copyright si nota il tentativo di trovare una soluzione di compromesso per Google News.

«Il lavoro di giornalisti, editori e autori deve essere giustamente retribuito, che sia svolto in una redazione o a casa, che sia diffuso offline o online, che sia pubblicato con una fotocopiatrice o con un hyperlink commerciale sul web». Il discorso all’Unione del presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, ha fatto epigrafe alle proposte di modernizzazione del diritto d’autore formalizzate da Bruxelles. Uno dei pilastri è cercare una nuova sostenibilità per gli operatori, magari ipotizzando forme di pagamento per la riproduzione dei microcontenuti sui motori di ricerca. Tra i temi affrontati anche quello del “value gap” nel mondo dei diritti d’autore sui prodotti musicali, il che aggiunge valore ed ulteriori sfide al percorso che il testo dovrà ora affrontare per arrivare ad una ratifica a livello europeo.

Da tempo si ipotizzava che la Commissione fosse convinta della bontà di tornare a parlare, in altri modi rispetto al passato, di paid content anche per i contenuti brevi legati alle url linkate su Google News, ad esempio. Lo studio della Commissione lo definisce fair sharing e si basa sul concetto che gli editori possano recuperare i loro investimenti anche tramite maggior forza contrattuale rispetto alle web company, ai grandi reintermediatori dei contenuti in Rete. Possibile? Forse, anche se si sta parlando solo di proposte e non di una legge. Certamente però in questo momento Bruxelles sta andando in una direzione – la sovvenzione – diversa dalla partnership da sempre auspicata da Mountain View.

Cosa dicono le proposte

Il #SOTEU prevede maggiori possibilità di scelta e migliore accesso ai contenuti online e transfrontalieri, norme migliorate sul diritto d’autore per l’istruzione, la ricerca, il patrimonio culturale e l’inclusione delle persone con disabilità, e un mercato più equo e sostenibile per i creatori, le industrie creative e la stampa. Nella cornice generale del mercato unico digitale europeo, grande obiettivo del Commissario Andrus Ansip:

Il contenuto creativo dell’Europa non deve essere inaccessibile, ma deve anche essere rigorosamente protetto, in particolare per migliorare le possibilità di remunerazione dei nostri creatori. Avevamo annunciato che tutte le nostre iniziative per creare un mercato unico digitale sarebbero state completate entro la fine dell’anno e stiamo mantenendo la nostra promessa. Senza un mercato unico digitale efficiente perderemo creatività, crescita e occupazione.

Gli obiettivi citati da Ansip riguardano iniziative già messe in campo dall’Unione Europea, ad esempio l’accordo transfrontaliero, per cui viene concesso ai consumatori il diritto di utilizzare i propri abbonamenti online di film, musica, libri elettronici quando si trovano al di fuori del paese di origine, ad esempio per trascorrere vacanze o per viaggi di lavoro, e che ora la Commissione intende ampliare occupandosi dei pacchetti dei canali televisivi.

Anche sul data mining e la ricerca e istruzione, l’impegno è scritto nero su bianco, da tempo, nei documenti del nuovo testo sul copyright, volto a aprire il più possibile l’accesso alla documentazione pubblica. È invece sul mercato equo e sostenibile per l’informazione – che il comunicato chiama ancora “stampa” – che invece il discorso si fa decisamente sofferto e delicato. Da un lato, gli aggregatori di notizie e i social hanno portato a un pubblico più vasto per gli editori, ma i grandi mediatori online hanno anche prodotto un effetto sugli introiti pubblicitari e ha reso, secondo la Commissione, «la concessione di licenze e il rispetto dei diritti di tali pubblicazioni sempre più difficile». Nel riconoscere l’importante, decisivo ruolo degli operatori, le proposte europee sul copyright immaginano forme di sovvenzione. Insomma, i nuovi OTT devono aiutare:

Poiché saranno giuridicamente riconosciuti per la prima volta come titolari dei diritti, si troveranno in una posizione migliore quando dovranno negoziare con i servizi online l’uso dei propri contenuti o l’accesso ad essi e saranno maggiormente in grado di combattere la pirateria.

In questa fase di enormi cambiamenti e anche frizioni, il passo, piccolo e felpato, della Commissione non è destinato a fare grande rumore (lo fa molto di più la sentenza della Corte Europea sui link illeciti di siti web terzi, che è molto piaciuta all’impresa musicale), però indica una direzione chiara, che è quella di concedere più manovra agli editori e stare a vedere che succede.

Cosa dice Google

La posizione di Google, parte chiamata in causa, è fondamentale per capire in quale direzione stia andando la questione. E la posizione del gruppo di Mountain View è stata pubblicata sul blog ufficiale del gruppo a firma di Caroline Atkinson, Vice President, Global Policy:

Vi sono spunti interessanti nella proposta. Ci fa piacere vedere che la Commissione richiede più trasparenza e condivisione dei dati per artisti e titolari dei diritti d’autore, un passo importante per costruire un mercato del diritto d’autore che sia più equo ed efficiente. Questo dovrebbe consentire ai creativi europei di raggiungere in modo più efficace la propria audience e comprendere meglio come vengono remunerati. […]

Tuttavia vi sono anche elementi di preoccupazione, dato che il web si fonda sulla possibilità per gli utenti di condividere contenuti. La proposta di oggi suggerisce che i servizi online debbano filtrare contenuti, inclusi testi, video, immagini e altro ancora. Questo trasformerebbe di fatto internet in un luogo dove ogni cosa che viene caricata deve essere approvata dagli avvocati prima di raggiungere un’audience.

Siamo inoltre delusi nel vedere una proposta per un nuovo diritto concesso agli editori di giornali, nonostante le decine di migliaia di voci, inclusa la nostra, che chiedevano un approccio diverso. Questa proposta sembra simile agli esperimenti legislativi già falliti in Germania e Spagna e rappresenta un passo indietro per il copyright in Europa. Danneggerebbe chiunque scriva, legga o condivida le notizie – incluse le molte startup europee che lavorano nel settore dell’informazione per creare nuovi modelli di business online sostenibili.

La proposta potrebbe inoltre limitare la capacità di Google di inviare, gratuitamente, traffico monetizzabile agli editori attraverso Google News e Search. Dopo tutto, pagare per mostrare snippet non è un’opzione percorribile per nessuno.

E infine la parte più importante: Google ha sì qualcosa da obiettare sulla proposta, ma sulla base di questi termini si dice disposta a sedersi al tavolo della discussione:

La proposta di oggi è un primo passo verso un mercato del diritto d’autore più efficiente per i creatori di contenuti e i consumatori europei – tuttavia il punto di equilibrio non è ancora stato trovato. %Egrave; di vitale importanza preservare i principi del link, della condivisione e della creatività sui quali si fonda gran parte del successo del web. Siamo pronti a prendere parte alla discussione.

Anche il mondo musicale prende posizione a proposito della bozza europea sul copyright e anche in questo caso la sensazione è che, pur a fronte di un testo perfettibile, le parti siano ben predisposte al dialogo in virtù di principi e cardini equilibrati e condivisi. In particolare viene ben accolto il tentativo di affrontare il cosiddetto “value gap“, ossia «l’eccessiva sproporzione esistente tra il consumo di musica nel mondo ed i ricavi che ne derivano per gli aventi diritto» (condizione addebitata «ad alcune aziende di servizi digitali» che aggirerebbero le norme a proprio vantaggio.

Enzo Mazza, CEO della Federazione Industria Musicale Italiana, spiega che «la proposta di oggi è un ottimo inizio verso la creazione di un ambiente migliore e più giusto in Europa. Sopratutto perché conferma che le piattaforme che consentono il caricamento di contenuti come YouTube, che sono la più larga fonte di musica on-demand, non dovrebbero poter agire al di fuori delle normali regole di licenza».

Gli fa eco Frances Moore, Chief Executive IFPI:

L’industria musicale si è fortemente trasformata negli anni recenti attraverso la collaborazione con numerosi servizi digitali: ampliando la scelta musicale dei consumatori ed investendo in nuovi e creativi modi per portare i propri artisti ad un pubblico globale. Ma per raggiungere una crescita sostenibile, il settore musicale ha bisogno di agire a condizioni paritarie con gli altri soggetti in campo. Questo significa creare un ambiente dove le regole sul copyright sono correttamente applicate, così che i creatori e i produttori possano essere sicuri di investire. Questo inoltre significa, permettere ai servizi digitali di competere secondo termini giusti e abilitare i consumatori ad accedere tranquillamente alla musica attraverso differenti fonti.

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