Ray Kurzweil al lavoro sui chatbot di Google

Entro il 2029 sarà possibile conversare liberamente con un'intelligenza artificiale, esattamente come con un essere umano: è la previsione di Kurzweil.
Ray Kurzweil al lavoro sui chatbot di Google
Entro il 2029 sarà possibile conversare liberamente con un'intelligenza artificiale, esattamente come con un essere umano: è la previsione di Kurzweil.

Presentando l’applicazione Allo in apertura di I/O 2016, Google ha confermato l’intenzione di sviluppare un chatbot, ovvero un’intelligenza artificiale in grado di conversare con linguaggio naturale fornendo risposte e informazioni agli utenti. Ad intervenire oggi sull’argomento è un nome autorevole, Ray Kurzweil, inventore, informatico e saggista statunitense dal 2012 collaboratore di bigG.

Kurzweil dichiara che, insieme al proprio team di Mountain View, è al lavoro per dar vita ad un’IA capace di intrattenere “conversazioni interessanti”. L’attesa necessaria per poter assistere al debutto di una tecnologia tanto avanzata non sarà breve: si parla del 2029 per un sistema in grado di superare senza difficoltà il test di Turing, anche se già oggi è possibile interagire con assistenti virtuali come Siri, Google Now o Cortana e ricevere repliche in tempo reale che simulano il comportamento umano, sebbene talvolta con risultati non proprio convincenti. Una delle intelligenze artificiali a cui si riferisce potrebbe prendere il nome di uno dei personaggi dei suoi racconti: Danielle.

Se pensate di poter avere una conversazione di un qualche significato con un umano, potrete intrattenerne una con un’intelligenza artificiale nel 2029. Potrete comunque conversare in modo stimolante con un’IA prima di allora.

A rendere la visione di Kurzweil ancora più interessante è il fatto che non si fa riferimento ad un insieme di algoritmi in grado di replicare un’unica personalità, bensì ad un sistema di machine learning che può essere plasmato e cresciuto a piacimento, semplicemente dandogli in pasto informazioni, testi, immagini, articoli ecc. Una visione che, inevitabilmente, richiama alla mente quella descritta in pellicole cinematografiche come Her, in cui l’interazione tra l’uomo e la macchina (nel caso specifico un software) va ben oltre lo scambio di dati e arriva ad instaurare un rapporto emotivo, personale e profondo.

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