Guida autonoma

L’auto del futuro sarà elettrica: metterà da parte carburanti fossili e marmitta, optando per un nuovo approvvigionamento dell’energia. L’auto del futuro sarà anche intelligente, facendo leva su nuovi sistemi multimediali, connettività e tecnologie alternative ai sistemi tradizionali: se sparisce lo specchietto retrovisore, sarà perché un monitor ne svolgerà al meglio le medesime funzioni. L’auto del futuro avrà anche un nuovo design, bilanciato tra le esigenze culturali della domanda e le nuove opportunità che offre la tecnica alle case produttrici: a rischio anche il tradizionale aspetto antropomorfo delle vetture odierne.

L’auto del futuro sta nascendo oggi sotto i nostri occhi e al Salone dell’Auto di Ginevra se ne sono potuti avere i primi indizi.

L’auto del futuro sarà elettrica: metterà da parte carburanti fossili e marmitta, optando per un nuovo approvvigionamento dell’energia. L’auto del futuro sarà anche intelligente, facendo leva su nuovi sistemi multimediali, connettività e tecnologie alternative ai sistemi tradizionali: se sparisce lo specchietto retrovisore, sarà perché un monitor ne svolgerà al meglio le medesime funzioni. L’auto del futuro avrà anche un nuovo design, bilanciato tra le esigenze culturali della domanda e le nuove opportunità che offre la tecnica alle case produttrici: a rischio anche il tradizionale aspetto antropomorfo delle vetture odierne.

L’auto del futuro sta nascendo oggi sotto i nostri occhi e al Salone dell’Auto di Ginevra se ne sono potuti avere i primi indizi.

Con il finire del Salone dell’Auto di Ginevra, al quale Webnews ha partecipato con un vasto resoconto sulle principali innovazioni presentate presso il Palexpo, una domanda rimane in sospeso: come sarà l’automobile del futuro? La sensazione è infatti che l’intero salone si sia sviluppato su questa tensione latente: cosa può ancora offrire il passato? E cosa riserverà il futuro al mondo dell’automotive?

Sensazioni, ma anche qualcosa di più. Da un recente incontro con il team Altran erano emersi i dati di alcune ricerche secondo le quali nel giro di pochi anni sarebbe profondamente mutata la natura della domanda di automotive tra le fasce più giovani del mercato: se un tempo il diciottenne cercava nell’automobile stile e potenza, oggi sarebbero altre le pulsioni da soddisfare. Quali siano esattamente non è ancora chiaro, perché è evidente come con un cambio di paradigma tanto profondo sia semplicistico soffermarsi soltanto su temi quali sicurezza, ecologia e multimedialità. Tali aspetti emergono sì tra i nuovi trend del comparto, ma al tempo stesso sembrano però rispondere a qualcosa di più profondo, a un cambiamento più radicale dell’immaginario collettivo attorno alle quattro ruote.

Tuttavia il Salone dell’Auto di Ginevra ha fatto capire anche una cosa ulteriore: c’è spazio per un nuovo modo di concepire le auto. C’è spazio e c’è volontà, perché il settore ha la ferma necessità di catturare nuovamente, e quanto prima, la domanda, sollevando così un comparto che vive di fusioni, licenziamenti e numeri di immatricolazioni in continua erosione.

Al Salone abbiamo pertanto cercato gli indizi dell’auto che verrà: li abbiamo cercati tra i modelli disponibili, negli occhi dei visitatori, nelle presentazioni delle case produttrici e, soprattutto, tra i vari concept messi a disposizione sotto i riflettori di Ginevra. Ne è scaturito un quadro abbozzato, un disegno parziale, un insieme di fattori: ecco come sarà l’auto del futuro, sulla base di quel che emerge oggi dal principale salone del settore a livello europeo.

L’auto del futuro

Propulsione elettrica

Occorre realismo e visione. Se al momento l’idrogeno appare troppo lontano per non essere considerato più di una chimera (con piena coscienza di quanto tale chimera non sia comunque semplice fantasia), al tempo stesso gli idrocarburi non possono più essere al centro di una progettualità di lungo periodo. La soluzione elettrica sembra pertanto essere l’unica vera via in grado di raggiungere le masse, disegnando una rivoluzione storica sotto molti punti di vista.

I motori spinti a diesel e benzina risalgono ormai alla memoria dei tempi, sebbene vecchia sia anche l’idea di riuscire a muovere l’automobile sfruttando elettricità e batterie. I passi da gigante compiuti dalla ricerca in termini di consumi e in termini di allocazione della carica hanno determinato un progressivo avvicinarsi al punto del non ritorno. Un’aumentata sensibilità ecologica, oltre alla necessità di ridurre al massimo le emissioni nell’atmosfera, hanno completato il quadro: l’auto elettrica, da vezzo, è diventata possibilità e da possibilità sta per diventare assoluta necessità.

La grande novità è nella piena accettazione di tale soluzione come alternativa percorribile. Se anche la Cadillac presenta un suo modello elettrico, se anche le super-sportive hanno il coraggio di presentarsi con una soluzione elettrica, e se ogni grande casa produttrice ha ormai in catalogo almeno una piccola elettrica per i primi esperimenti, allora significa che la soglia è passata: la strada dell’elettrico è ormai imboccata. Sebbene ad oggi le soluzioni ibride rappresentano ancora un compromesso intelligentemente pragmatico, un pizzico di coraggio permetterà di andare anche oltre questa attuale fase di transizione.

Affinché l’auto elettrica diventi fenomeno di massa manca ancora qualche tassello fondamentale:

  • sistemi di ricarica standardizzati e distribuiti sul territorio;
  • una maggior durata nel tempo delle batterie;
  • una diminuzione ulteriore dei costi delle batterie;
  • un aumento generalizzato dell’autonomia, andando oltre i limiti attuali di poche centinaia di km;
  • un pieno sviluppo di batterie ecosostenibili che non nascondano dietro la foglia di fico dell’ecologia quelli che sono gli oneri di smaltimento necessari al termine del ciclo di vita dell’accumulatore.

Modelli come la Nissan Leaf sono però tasselli importanti in questo processo di crescita: auto nativamente progettate attorno alla filosofia dell’elettrico, pensate per sfruttare al meglio la diversa natura di questo tipo di alimentazione. Il salto di qualità avviene infatti nel momento stesso in cui l’elettrico diventa parametro fondamentale e non semplice obiettivo da raggiungere: sviluppare un’auto attorno all’elettrico significa dotarla delle necessarie app, della capacità di dialogare con l’utente anche a distanza, di qualità finora del tutto estranee a quella che è l’offerta tradizionale indistintamente sia sulla fascia bassa che sulla fascia alta del mercato

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Telecamere e specchietti

Hyundai Intrado: lo specchietto diventa videocamera

Hyundai Intrado: lo specchietto diventa videocamera

Lezione numero 1 per le scuole guida: come orientare lo specchietto retrovisore e gli specchietti laterali. In futuro si passerà invece direttamente alla lezione numero due, ossia l’obbligo di allacciarsi immediatamente le cinture, poiché la lezione numero 1 è destinata ad andare in soffitta. La maggior parte dei concept presentati al Salone dell’Auto di Ginevra fanno infatti a meno degli specchietti, i quali manterranno la loro funzione pur diventando qualcosa di differente scindendo in due quel che uno specchio è in grado di fare naturalmente: cattura dell’immagine e proiezione della stessa in modo contestuale.

Nissan ha presentato lo Smart Rearview Mirror (già in prova sul circuito Nismo), che trasforma il normale retrovisore in un monitor collegato alla videocamera posizionata sopra il lunotto posteriore. Così facendo si può ovviare a visibilità scarsa, sole basso all’orizzonte o passeggeri particolarmente ingombranti che oscurano la visuale: una telecamera e un monitor, ossia due tecnologie estremamente semplici, riadattate nel formato per facilitare la visione in ogni condizione di visibilità.

Il concetto sembra aver ispirato anche Peugeot e altri marchi, per i quali gli specchietti laterali sono destinati a medesima sorte: la videocamera sposta la visuale dell’utente e ne migliora la resa portando una immagine riadattata su di un monitor. Ecco quindi scomparire tre elementi cardine dell’auto odierna: i tre specchietti disponibili su tutte le vetture spariscono, lasciando lo spazio a telecamere esterne e monitor interni. Viene a cambiare quindi anche il modo con cui il pilota controlla gli spazi circostanti, il che costringerà a rivedere le regole di sicurezza ed ergonomia antecedenti.

L’esperienza per l’utente cambia in modo radicale: a che serve ruotare il collo quanto si ha un monitor comodo di fronte a sé in fase di retromarcia? E ancor di più: a che serve imparare il parcheggio in retro se è l’auto stessa a poter gestire con comodità un passaggio di questo tipo? Infine: se la molteplicità di input e specchietti viene proiettata su un unico monitor, garantendo così una visione più comoda e una maggiore attenzione sulla strada, la tecnologia diventa la via maestra verso una maggior sicurezza, il che non potrà che essere ben accolto da chiunque valuti l’acquisto di una vettura.

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Materiali e sicurezza

Sicurezza e sensibilità ecologica dovranno andare a braccetto, anche se per loro natura tengono a divergere. Questo perché la struttura portante dell’auto del futuro dovrà rispondere a due ferme necessità: un minor impatto ambientale sia in fase di produzione che in fase di smaltimento, e una maggiorata resistenza agli urti e alle sollecitazioni a garanzia dell’incolumità dei passeggeri. Il Salone dell’Auto di Ginevra ha testimoniato nuove ricerche in entrambe le direzioni: forme organiche per i nuovi telai, oltre a nuovi materiali con migliori caratteristiche, si affacciano fin da oggi sul mercato alla ricerca di opportunità.

In futuro gli esperimenti di oggi diventeranno oggettiva necessità. L’aumento del costo delle materie prime potrebbe essere una pulsione ulteriore al cambiamento: la ricerca di nuove soluzioni per il rilancio dei margini di vendita aprirebbe le porte a ipotesi finora mai prese in considerazione, ma al tempo stesso vecchie soluzioni quali il carbonio e altre alternative potrebbero trovare applicazione laddove ad oggi l’alluminio sembra essere già una delle migliori avanguardie.

La sicurezza passerà per i materiali in uso come per le tecnologie di assistenza incluse dalle case produttrici: sistemi che controllano lo stato di attenzione e veglia da parte del guidatore; sistemi di gestione delle distanze di sicurezza e delle frenate; sistemi di ottimizzazione dell’aderenza al selciato. La moltiplicazione di sensori ed elettronica potrà rendere l’autovettura un elemento organico in grado di reagire a stimoli improvvisi e a situazioni specifiche, coadiuvando la guida soprattutto laddove possibili alterazioni della “normalità” possano definire ipotetiche situazioni di rischio immediato. Il che è tutt’altro che lontana chimera: tali tecnologie già esistono e il processo innovativo relativo sarà soltanto nella loro più coerente e nativa integrazione.

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Connettività

E questa è una certezza: l’auto sarà connessa. Gli esperimenti e le offerte iniziano ad arrivare sul mercato, rispondendo a quella che è una sorta di necessità assoluta: rendere l’auto un ambiente tale da configurare una linearità nell’esperienza dell’utente. Grazie alla connettività, l’utente potrà portare sulla propria vettura le amicizie, l’agenda, le informazioni del Web, gli aggiornamenti, l’ufficio e la vita privata. L’auto non può essere un angolo isolato dalla dimensione quotidiana della persona, poiché il rischio è che tale isolamento divenga un limite.

Un dubbio sembra però minare gli esperimenti attuali. La certezza, infatti, è nel fatto che l’auto sarà un dispositivo connesso; il dubbio è nel come si possa realizzare una cosa di questo tipo. Occorre infatti capire anzitutto quale tipo di connessione si voglia per la propria auto: se l’auto deve essere connessa sempre, occorre dotarla di un modulo ad hoc che implicherà in seguito abbonamenti e costi dedicati. Se invece si pensa ad un’auto connessa soltanto quando v’è l’utente a bordo, allora con ogni probabilità la vettura diventerà mera estensione del tablet o dello smartphone, perdendo però ogni connessione non appena viene a mancare la fonte di banda larga.

Nel primo caso le potenzialità sono molto superiori, poiché l’auto sarebbe in grado di comunicare la propria posizione con continuità, migliorando ad esempio l’efficienza di scatole nere e servizi assicurativi, nonché servizi di assistenza e molto altro ancora. Nel secondo caso la connettività è anzitutto un servizio per l’utente, con l’auto asservita ai bisogni di quest’ultimo tramite la dotazione di bordo.

Entrambe le realtà troveranno probabilmente spazio, emergendo ipoteticamente in tempi diversi: se la seconda soluzione ha un raggio temporale più breve grazie a una maggior semplicità di realizzazione, il lungo periodo potrebbe vedere auto “always-on”, pienamente integrate nel concetto di Internet of Thing e fortemente arricchite da tutto quel che la connettività può significare. A quel punto i vantaggi giungeranno sui guidatori anche a un livello più elevato, poiché la gestione dei dati provenienti dalle vetture consentirà una miglior assistenza in caso di incidenti, una più intelligente gestione del traffico e delle informazioni sulla viabilità, una più efficiente anticipazione di possibili situazioni di rischio o di ingorgo e molto altro ancora.

L’intelligenza si fa sistema quando è in grado di gestire al meglio le molte informazioni disponibili ed a quel punto la potenza di calcolo della singola vettura sarà poca cosa rispetto alle possibilità che sarà in grado di gestire l’intelligenza connettiva rappresentata dall’Internet Of Thing applicata al mondo della viabilità.

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Intelligenza di bordo

L’intelligenza che la connettività porta a bordo del veicolo non è l’unica forma “smart” di arricchimento della vettura. Grazie a sistemi di input e output arricchiti rispetto al passato, infatti, le vetture saranno sempre più in grado di dialogare con l’utente, oppure di offrire piccoli servizi aggiuntivi tali da rendere più “invisibile” e fluido il contatto tra uomo e macchina. Piccoli esempi sono già realtà. La Tesla Model S, ad esempio, si avvia non appena il pilota è pronto a partire, grazie ad una chiave intelligente che non deve più essere né inserita, né accostata. Allo stesso modo lo sportellino che si apre all’avvicinarsi del connettore di ricarica, senza la necessità di chiavi o inserti per l’apertura manuale. E ancora, le portiere ritraggono le maniglie durante il viaggio, migliorando così l’aerodinamica e limitando le possibilità di urto in fase di manovra.

Intelligenza di bordo significa una telemetria approfondita, segnali di allarme che vanno ben oltre le spie dei vecchi quadranti e la capacità di controllare ogni singolo parametro dell’autovettura tramite un display, un’interfaccia grafica e un pannello di controllo touchscreen.

Un rischio, però, si delinea all’orizzonte. Nel momento in cui l’auto e il computing andranno ad incontrarsi, i produttori delle quattro ruote avranno a che fare con aziende (le solite Apple, Microsoft, Google e quante altre) ben più esperte in termini di software e progettazione di interfacce. Fin da oggi è facile intuire come i big del computing tenteranno di colonizzare l’auto e, al contempo, i big dell’automotive tenteranno di tenere fuori i nuovi rivali. La guerra è in atto fin da oggi, ma si combatte per ora soltanto in ambito multimediale. In futuro le ambizioni di ognuno dovranno scontrarsi con le ambizioni della controparte, cercando accordi ed equilibri oggi difficili da immaginare. Ma questo è mercato: all’utente interessa semplicemente uniformità di interfaccia, apertura di accesso ai servizi e annullamento degli ostacoli in grado di limitare la propria esperienza di guida. Tutto il resto è economia e market share.

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Fari

C’era una volta il fanale allo xeno. Sembravano una rivoluzione, invece nel giro di pochi anni sono già finiti nell’angolino per l’impetuosa ascesa dei led. E mentre questi ultimi iniziavano a ridisegnare la forma di fanali e automobili, con giochi di luce di sicuro impatto visivo, ecco già delinearsi il prossimo capitolo: i fari laser.

BMW è stata tra le prime a scommetterci su, portando la nuova tecnologia laser anzitutto sulla propria BMW i8. La promessa è quella di portare la luminosità ad una distanza di 500 metri, con una resa più che raddoppiata rispetto ai tradizionali led. Ma non solo: l’ingombro minimo richiesto dai fari laser consentirà alle case produttrici di liberare spazio nel vano motore e di poter sprigionare anche nuove energie in termini di design. Difficile capire se tale novità possa portare ad una modifica del “volto” delle autovetture, poiché la cosa si scontrerebbe con un necessario riadattamento del gusto degli acquirenti, ma inevitabilmente le possibilità concesse dalla tecnica sono linfa per l’estro dei designer.

Se l’ingombro diminuisce e il design cerca libertà, al tempo stesso c’è un vincolo che difficilmente il mercato riuscirà però a scrollarsi di dosso facilmente: l’aspetto antropomorfo delle automobili è qualcosa che nemmeno tecnologia e pulsioni innovative riusciranno a scalzar via con facilità. Taluni paradigmi potranno dunque cambiare poiché semplicemente reso possibile dalla tecnica, mentre altri sono destinati a rimanere tali per molto tempo poiché il semplice gusto potrebbe essere molto più inerte di quanto non si potrebbe superficialmente immaginare.

Altro elemento da tenere in stretta considerazione è però altresì quello dei consumi: soltanto soluzioni in grado di garantire un accesso parsimonioso all’energia potranno trovare spazio sulle auto del futuro poiché, se occorre immaginare una produzione sempre più improntata sull’elettrico, è fondamentale giungere a una riduzione estrema dei consumi se si intende ottimizzare l’autonomia del veicolo a parità di volume e peso occupati dagli accumulatori.

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L’uomo al centro

Una cosa difficilmente cambierà: l’uomo rimane al centro dell’esperienza di guida. Scegliere una via contraria, benché potenzialmente possibile, potrebbe alienare il rapporto tra l’uomo e la macchina, togliendo valore a quest’ultima poiché ne verrebbe negata la funzione di servizio ed estensione delle capacità umane.

L’auto è destinata ad arricchirsi di sensori di ogni tipo: telecamere per la visione laterale e posteriore, elementi in grado di valutare le distanze degli ostacoli, strumenti per il controllo dell’attenzione durante la guida, monitor per facilitare il monitoraggio di tutti gli elementi principali e molto altro. Tutto, però, con un comune denominatore: la tecnologia deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa.

Il pilota è al centro del progetto, dunque, mentre l’auto del futuro vi è disegnata intorno. L’auto del futuro continuerà a essere strumento di assistenza, con quest’ultimo aspetto a diventare sempre più radicato nel progetto complessivo. L’auto, da mezzo per gli spostamenti, diventa estensione del luogo dell’abitare, prolungamento dell’ufficio, o comunque nucleo ulteriore della dimensione personale nel quale l’uomo vive le proprie ore.

Le auto potranno guidare da sole? Si, probabilmente si: le Google Car e gli esperimenti italiani di VisLab rendono evidente il fatto che tale possibilità non possa più essere considerata fantascienza. Tuttavia un’auto che aliena del tutto l’uomo dalla guida si fa semplice involucro, perde personalità, taglia il proprio rapporto con la persona. Ciò non sarebbe cosa buona né per la persona, né per le case produttrici: se i mezzi pubblici potranno essere involucri sempre più intelligenti, la vettura personale non può ancora rinunciare alla propria posizione di “migliore amico dell’uomo”. Per tutto il resto c’è il car sharing.

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