Startup over: i fallimenti startup in un blog

Andrea Dusi, blogger e imprenditore, ha aperto un piccolo blog che fa molto discutere: elenca i casi di insuccesso delle startup. Per farne tesoro.
Andrea Dusi, blogger e imprenditore, ha aperto un piccolo blog che fa molto discutere: elenca i casi di insuccesso delle startup. Per farne tesoro.

Un piccolo blog creato in poche settimane sta facendo molto parlare di sé, forse anche troppo secondo il suo stesso autore, l’imprenditore Andrea Dusi. L’inventore di Wish days (i cofanetti viaggi nelle librerie) ha aperto “Startup over” per dire la sua sull’aspetto meno considerato dell’ecosistema startup e invece il più rilevante numericamente: le imprese che non ce la fanno.

Raccontare i fallimenti è quasi certamente più prezioso dal punto di vista formativo che non esaltare i successi. Sta qui l’intuizione del blogger – lui stesso startupper – che ha notato come in questo paese, che non si può ragionevolmente definire startup-nation, c’è una robusta infrastruttura di case history (convegni, pitch, competition, libri, fiere, e via dicendo) ma poca informazione sulla mortalità delle startup.

Andrea Dusi, 38 anni, ha diverse esperienze imprenditoriali alle spalle. La più recente e di grande successo è Whish Days: 120 dipendenti e 45 milioni di fatturato.

Andrea Dusi, 38 anni, ha diverse esperienze imprenditoriali alle spalle. La più recente e di grande successo è Whish Days: 120 dipendenti e 45 milioni di fatturato.

Fenomeno, quello della chiusura dell’80% delle startup nel giro di 5 anni, che è inevitabile, come tutti sanno, dato che fa parte della natura stessa dell’impresa innovativa. Tanto che tra le norme inserite nella legge 221 c’è anche un percorso facilitato per il fallimento di modo da farsi meno male possibile. Ma allora dove sarebbe la novità di questo blog, che ha attratto le grandi testate giornalistiche? Probabilmente nella merce più rara in questo paese: la schiettezza. E anche la capacità di raccontare in modo molto stringato le vicende di flop sia nazionali che internazionali. Inoltre, c’è un punto di vista interessante anche sugli investimenti e sul ruolo delicato degli angel, che ci incastona perfettamente con la recente presentazione della Angel School di Mind the Bridge presentata lo scorso fine settimana a Milano. È venuto il momento di fare i conti anche sui milioni che cascano sulle startup e chiedersi quante sono finanziate, come, rispetto a che cosa e con quali risultati. Obiettivo che si intravede anche nelle mappature annuali della school of management e di Italia Startup.

Le sezioni del blog parlando di startup note e meno note. Talvolta forse si lascia andare a previsioni azzardate, come quella che vorrebbe Facebook finito entro tre anni, ma probabilmente il post che l’ha reso celebre è quello su Kickstarter, nel quale si chiede perché la più famosa piattaforma di crowdfunding non permette di indicizzare le iniziative che non sono riuscite a farsi finanziare con successo dagli utenti. Molto sagace.

La rete è piena di storie di fallimenti, soprattutto hardware, oggetti che avrebbero dovuto cambiare il mondo e invece non è andata così. Mancava qualcosa che, con molta semplicità, raccontasse il lato oscuro delle startup. Senza compiacimento, ma con la giusta nota personale che contribuisce ad arricchire il dibattito. In fondo, la dimostrazione che l’ecosistema startup italiano sta davvero entrando nella fase due.

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